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edificio costruzione in laterizi

In buona parte non sono buone notizie, ma la partita mi appare ancora aperta alla luce delle modifiche apportate alla definizione di Stato Legittimo dalla legge n. 105/2024 “Salva Casa”. Altra premessa: non si parla di opere postume alla presentazione della sola domanda di condono (comunque vietate), ma dei casi in cui sia stata rilasciata la concessione edilizia in sanatoria a conclusione positiva dell’istanza.

Consiglio di Stato afferma che il Condono rilasciato ammette soltanto opere conservative escludendo ricostruzioni

Sorprendente la sentenza di Consiglio di Stato n. 482/2025, che sembra allinearsi ai principi stabiliti dalla sentenza di Corte Costituzionale n. 119/2024 sul perimetro applicativo di una concessione edilizia rilasciata in sanatoria ai sensi dei tre provvedimenti di condono edilizio L. 47/85, L. 724/94 e L. 326/03. E la cosa che fa saltare sulla poltrona è che tutto il seguente discorso non vale solo in caso di domanda di condono pendente, ma anche per le opere sulle quali è già stato rilasciata la concessione edilizia in sanatoria da condono.

Il Consiglio di Stato ha testualmente stabilito una sorta di “vincolo” ostativo verso quegli interventi superanti la soglia di manutenzione e conservazione, quali le ristrutturazioni, demolizioni e ricostruzioni nonché ampliamenti; quando invece si procede per sostituzione edilizia o nuova costruzione senza conteggiare la presenza dei manufatti già condonati non si applicano questi limiti, perchè si procede come se fosse un lotto inedificato con nuovi indici e parametri urbanistici vigenti dal Piano Regolatore comunale:

«9. Ebbene, occorre rilevare che le opere abusive che siano state regolarizzate con condono edilizio – e non con accertamento di conformità – non possono costituire il presupposto per ulteriori interventi edilizi. La sanatoria straordinaria disciplinata al Capo IV della L. n. 47/85, richiamata dalle leggi n. 724/94 e n. 326/2003 (c.d. “condono edilizio”) ha natura del tutto eccezionale, consentendo il mantenimento di opere edilizie, non altrimenti regolarizzabili, dietro pagamento di una sanzione, oltre che degli oneri concessori: tale straordinaria sanatoria opera solo nel senso che viene evitata la demolizione dei manufatti abusivi e ne viene consentita anche la circolazione giuridica, ma nulla di più, trattandosi di manufatti realizzati in difformità dalla normativa edilizia ed urbanistica. In altre parole: il condono edilizio non rende l’opera condonata legittima, ne evita solo la demolizione e ne consente il trasferimento, che sarebbe altrimenti vietato; conseguentemente le opere condonate non possono costituire il presupposto per la realizzazione di ulteriori interventi edilizi, che ne mutuano inevitabilmente la natura illegittima: opinando diversamente si finirebbe per attribuire al titolo edilizio rilasciato in sede di condono una sorta di “ultrattività indeterminata”, cioè una estensione oggettiva e temporale che va ben al di là dei limiti indicati nella L. 47/85 (e dalle successive leggi che hanno reso possibile la ripresentazione di domande di condono, i.e. la L. n. 724/904 e la L. n. 326/2003), limiti che nel caso della L. n. 47/85 consentivano di condonare solo le opere realizzate prima del 1° ottobre 1983 e alla condizione che la domanda fosse presentata entro 30 novembre 1985, poi prorogato fino al 31 marzo 1986.
9.1. Debbono quindi ritenersi ammissibili, sui beni oggetto di condono edilizio, solo gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e risanamento conservativo, per mera coerenza con il consenso che il legislatore ha dato al mantenimento delle opere medesime.».

Gli argomenti che sostengono la natura legittimante del Condono rilasciato

Al netto degli argomenti in senso contrario e che potrebbero attribuire implicitamente al condono rilasciato effetto legittimante a posteriori l’opera, la tesi affermata dal Consiglio di Stato sembra congruente con:

  1. il secondo e terzo periodo aggiunti nella nuova definizione di Stato Legittimo (articolo 9-bis comma 1-bis DPR 380/01) novellata dalla L. 105/24, in quanto non riporta espressamente i titoli abilitativi rilasciati con sanatoria straordinaria (condono), provvedendo a specificare soltanto i titoli di sanatoria ordinaria e fiscalizzazione.
  2. il punto 4.3 della sentenza di Corte Costituzionale n. 119/2024 che argomenta il contrasto sostanziale dell’opera comunque condonata nei confronti della violata Pianificazione comunale (strumenti urbanistici e regolamenti edilizi), affermando infatti che «il condono ha per effetto la sanatoria non solo formale ma anche sostanziale dell’abuso, a prescindere dalla conformità delle opere realizzate alla disciplina urbanistica ed edilizia (sentenza n. 50 del 2017, punto 5 del Considerato in diritto), il titolo in sanatoria presuppone la conformità alla disciplina urbanistica e edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’immobile sia al momento della presentazione della domanda (sentenza n. 107 del 2017, punto 7.2. del Considerato in diritto).». Si rammenta però che anche tale sentenza è stata emanata senza tenere conto delle modifiche normative allora pendenti proprio col Salva Casa..

Non è un argomento del tutto infondato, e sul quale sarà opportuno che il legislatore ponga rimedio quanto prima, tuttavia nel prosieguo sono illustrati argomenti che dovrebbero portare all’inversione di questa posizione.

Conseguenze sulle pratiche edilizie verso immobili condonati

Si tratta di una dura presa di posizione che, oltre a porsi in maniera contraddittoria alle pronunce costituzionali assunte decenni fa avverso le disposizioni comunali ostative in tal senso, stabilisce un divieto di ristrutturazione verso i manufatti condonati, soprattutto quelle ricostruttive e rilevanti. Ma allora si rischia di rimettere in discussione tutte gli interventi superiori al restauro e risanamento conservativo effettuate negli ultimi quarant’anni su questi immobili condonati, perfino per opere modeste? Il rischio c’è per il futuro, mentre sulle pratiche antecedenti alla ridefinizione dello Stato Legittimo operata dal D.L. 69/2024 “Salva Casa” è plausibile ritenere cristallizzata la posizione: tutto il dubbio nasce da considerare o meno titolo abilitativo “proprio” quello rilasciato per condono. Fino all’emanazione del DL 69/2024 il dubbio non si è posto, se non in maniera trascurabile, in quanto le sentenze di Corte Costituzionale n. 529/1995 e 238/2000 (riprese anche da Cons. di Stato n. 5358/2016):

«Deve, pertanto, escludersi la legittimità di una disposizione che comporti per il proprietario, ancorché non espropriato della titolarità, uno svuotamento del contenuto del suo diritto nel modo più irrimediabile e definitivo, e cioè con graduale degrado e perimento del bene (costruzione) ed una progressiva inutilizzabilità e distruzione dell’edificio, in rapporto alla destinazione inerente alla sua natura (conforme a licenze, concessioni e autorizzazioni ancorché in sanatoria).
Si tratta in ogni caso di edifici legittimamente esistenti e ovviamente regolarmente assentiti (fin dall’origine o con valido condono in sanatoria non oggetto di successivi interventi repressivi o di annullamento) dal punto di vista urbanistico o sotto il profilo di speciali vincoli (assistiti da specifiche autorizzazioni e pareri ove richiesti: sentenza n. 529 del 1995).»

Speranze per un cambio di orientamento

Si premette però le sentenza del Consiglio di Stato n. 482/2025 non risulta aver considerato le modifiche introdotte proprio dalla legge n. 105/2024 “Salva Casa“, in quanto la fattispecie e contestazione giudiziaria risulta avviata prima della stessa legge: non bisogna escludere che sull’argomento la soluzione sia pervenuta proprio con la nuova definizione di Stato Legittimo post Salva Casa, quando afferma che «Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa(..)».

Sul punto riporto quanto affermato nel mio libro “Nuovo Stato Legittimo“: la locuzione normativa «che ne ha legittimato la stessa» concede argomenti per intenderla autorizzata a posteriore della sua realizzazione. Altrimenti sarebbe un inutile doppione rispetto alla locuzione «previsto la costruzione», da intendere unicamente come autorizzazione o legittimazione preventiva alla realizzazione dell’intervento.

Ecco perchè si auspica un rapido chiarimento dalla stessa giurisprudenza e prima ancora con la riforma del Testo Unico Edilizia, ormai avviata.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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