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Da decenni milioni di richieste di Condono edilizio giacciono negli archivi comunali in attesa di definizione

Tutto ebbe inizio con la prima legge sul Condono nel lontano 1985, l’Italia era quella proiettata nei film di Bombolo, Er’ Monnezza e Pippo Franco.

La prima legge sul Condono edilizio era nell’aria qualche anno prima della sua effettiva emanazione avvenuta il 28 febbraio 1985.

La procedura per ottenere la tanto sospirata Concessione edilizia in sanatoria era descritta dagli articoli 31 e seguenti della norma e, come ogni procedimento di sanatoria edilizia, aveva inizio con la domanda da presentare al comune.

Nel breve termine potrebbe diventare più difficile, se non impossibile, la regolarizzazione dell’abuso edilizio oggetto della domanda di Condono.

In altri precedenti articoli si è scritto che il Condono edilizio è una procedura straordinaria, quindi non a regime normale come invece la sanatoria edilizia.

L’ordinamento italiano ha promulgato ben tre condoni edilizi straordinari, ovvero quelli conseguenti le tre leggi n. 47/85, 724/94 e 326/2003.

In molti casi, essendo trascorsi 31 anni dal primo Condono (1985) e 22 dal secondo (1994), le domande sono rimaste inevase e buona parte di esse deve essere volturata ai nuovi proprietari susseguiti nel tempo tramite normali atti di compravendita e successioni, per non parlare di esecuzioni immobiliari.

Per tutti e tre è prevista una precisa procedura amministrativa sottoposta alla domanda di condono: il percorso della domanda si concluderà in due modi:

  • legittimazione dell’abuso, tramite rilascio del Permesso di Costruire in sanatoria, nel rispetto di eventuali condizioni;
  • diniego della domanda e conseguente ordine di demolizione/rimozione dell’abuso oggetto di domanda;

La semplice presentazione della domanda, a prescindere che sia integrata dai contenuti essenziali (elaborati grafici, planimetrie catastali, fotografie e quant’altro), fintanto non sia conclusa col rilascio definitivo del titolo sanante può essere assoggettata a nuove condizioni introdotte successivamente, anche all’insaputa dell’ignaro cittadino.

Tra le diverse condizioni vi è il parere favorevole del competente organo deputato a vigilare sugli eventuali vincoli apposti all’immobile o all’area ove è inserito (Es. paesaggio e beni culturali), parere che esprime valutazione circa la compatibilità dell’abuso coi valori e obbiettivi di tutela prefissati dal vincolo.

La principale criticità che può condizionare la conclusione positiva del condono deriva dalla sopravvenienza di nuovi vincoli sull’immobile o sull’area.

In tal caso la domanda diventa sottoposta alla nuova forca caudina del nuovo vincolo, e non è detto che vada a buon fine.

Per assurdo la stessa domanda di condono edilizio, che poteva essere tranquillamente rilasciata in assenza di vincolo, può essere respinta a causa di questo.

Questa incognita potrebbe avere l’effetto di un macigno sul piano della libera commerciabilità degli immobili, in quanto pregiudizievole del loro valore e della possibilità di trasferirlo.

Motivo per cui consiglio nuovamente ai cittadini di attivarsi per chiudere le procedure rimaste aperte, prima che sia troppo tardi.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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