Le difformità accertate dal perito bancario potrebbero impedire l'ottenimento del mutuo ipotecario, condizione essenziale dell'atto definitivo
Alcune parti dell’immobile potrebbero derivare da usucapione, per il quale occorre accertamento in giudizio
Non si approfondisce in questa sede la nozione giuridica dell’usucapione, preferendo limitarsi a fornire cenni utili da applicare negli atti di trasferimento immobiliare tra vivi, come la compravendita. Si tratta di un acquisto della proprietà o di altro diritto reale del bene immobile, fondato sul possesso continuato (e non sulla detenzione). Ai sensi dell’articolo 1141 del Codice Civile spetta al soggetto l’onere di provare l’esercizio continuato del possesso, di tipo qualificato (cioè continuato, pacifico e ininterrotto), e si perfezione con la decorrenza dei termini di legge. La durata si determina in funzione della natura del bene, della buona fede applicata dall’inizio del possesso (decorrente dal giorno successivo dall’avvio del possesso ai sensi dell’articolo 2963). Prendiamo la casistica più conosciuta sugli immobili, relativa ai casi di possesso continuato senza buona fede, pertanto con termine ventennale.
Il vero nodo per queste fattispecie riguarda i possibili profili di nullità dell’atto notarile di trasferimento: una volta trascorso il termine di continuato, pacifico e ininterrotto possesso, anche dimostrabile a livello documentale, occorre comunque un atto che accerti tale circostanza?
Come comportarsi in caso di compravendita dell’immobile comprensiva di parte usucapite
Fino all’anno 2007 l’orientamento di giurisprudenza civile escludeva la possibilità di trasferire l’immobile senza l’accertamento giudiziale dell’usucapione: si riteneva impossibile vendere il mero possesso dell’immobile, considerato che soltanto i diritti possono essere oggetto di trasferimento. Caso mai si è ritenuto che il possesso qualificato ai fini di usucapione costituisca il presupposto per accertare l’avvenuto passaggio, essendo necessario l’accertamento e la dichiarazione nei modi previsti dalla legge. Dall’anno 2007 invece cambia l’orientamento, ritenendo non più necessario il preventivo accertamento di avvenuta usucapione (vedi Cass. Civile n. 2485/2007), in quanto in senso contrario «si verificherebbe la strana situazione per cui chi ha usucapito sarebbe proprietario ma non potrebbe disporre del bene fino a quando il suo acquisto non fosse accertato giudizialmente».
Si segnala, quale strumento utile per accertare l’usucapione, il ricorso alla mediazione civile (ex d.lgs. 28/2010): si tratta di una procedura conciliativa dove le parti, con l’intervento di un notaio che autentica le firme, sottoscrivono un accordo di mediazione che accerta l’usucapione e lo trascrivono nei registri immobiliari. In alternativa, senza il notaio, le parti ben possono utilizzare l’accordo di mediazione per ottenere, in tempi brevi, una sentenza giudiziale che dichiari l’usucapione.
Il nuovo orientamento si pone a favore del trasferimento in quanto l’usucapione si realizza per legge, sulla base del possesso qualificato per il tempo previsto: la sentenza che accerta i presupposti assume efficacia dichiarativa dell’usucapione, e non costitutiva di esso, in quanto l’usucapione si è formato di diritto. La sentenza di usucapione ha soltanto natura dichiarativa, e il trasferimento dell’immobile avviene automaticamente con il ventennale possesso continuato e ininterrotto (vedi ordinanza Cass. Civ. 32709/2024).
Caso mai si pone la dovuta cautela nella stipula degli atti traslativi degli immobili con usucapioni formati o presunti tali: è indispensabile che il notaio rogante dia buon consiglio rendendo edotte le parti sui rischi derivanti dall’usucapione non ancora accertato giudizialmente. E a maggior ragione, sarebbe ancora più cautelativo descrivere questa situazione fin da subito nelle fasi precontrattuali, pubblicizzazione e nel preliminare di vendita.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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