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Assoggettare illeciti minori a sanzione pecuniaria richiede la conformità alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia

Nella famiglia della cosiddetta fiscalizzazione vi rientrano quelle categorie di opere abusive sanzionabili a livello pecuniario ed elencate dai primi tre commi dell’articolo 37 D.P.R. 380/01. Premesso che anche questo regime è stato lievemente ritoccato dalla L. 105/2024 “Salva Casa” nella quantificazione delle sanzioni pecuniarie applicate, esso non configura forma di sanatoria edilizia in senso proprio. Si è passati infatti dal doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile al triplo, come ipotesi generale ammessa dal comma 1 art. 37 T.U.E, mentre i successici commi 2 e 3 prevedono diverse modalità di calcolo sanzionatori in funzione di particolari immobili su cui sono stati effettuati. Si tratta piuttosto di una possibile soluzione atta a mantenere in opera illeciti minori che, nel momento in cui vengono accertati dall’attività repressiva della P.A., si presentano congiuntamente:

  • privi dei requisiti di doppia conformità “rigida” e “asincrona” (rispettivamente articoli 36 e 36-bis);
  • non soggetti a CILA tardiva ai sensi dell’articolo 6-bis;
  • dotato di “singola” conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento di accertamento;

In altre parole sono abusi edilizi di entità e categoria inferiore a quelli soggetti alla “zona rossa” del permesso di costruire, pertanto non configurano reato edilizio all’origine e al momento del loro accertamento; astrattamente, tale intervento se fosse da realizzare ex novo oggi, potrebbe avvenire regolarmente con la dovuta SCIA ai sensi dell’articolo 22 D.P.R. 380/01, essendo pienamente rispondente all’intera normativa vigente al momento della sua presentazione. In verità il legislatore ha ritenuto opportuno l’inserimento di questa norma con funzione deterrente e punitiva, senza dover assurdamente demolire e ripristinare lo Stato Legittimo dell’immobile a fronte di un’opera che, virtualmente, risulta compatibile e conforme a tutte le normative.

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Ebbene sì, le forme di sanzioni pecuniarie previste dai commi 1,2 e 3 dell’articolo 37 T.U.E. sono assimilabili a “sanatoria giurisprudenziale fiscalizzata”, in quanto riferite alla sola conformità vigente ad oggi, previo pagamento di sanzione monetaria e senza configurare sanatoria propria. Con l’entrata in vigore della L. 105/2024 Salva Casa questa possibilità di salvare illeciti edilizi minori potrebbe mostrare profili contraddittori rispetto alle opere rientranti nell’ambito di SCIA, infatti:

  1. la nuova SCIA in sanatoria, traslata dall’articolo 37 c.4 T.U.E. al nuovo 36-bis, si basa su una doppia conformità “asincrona” (disciplina edilizia alla sola epoca di abuso, disciplina urbanistica solamente ad oggi);
  2. la sanzione pecuniaria per opere rientranti in SCIA art. 37 c.1 T.U.E. riguarda invece le opere rispettose della singola conformità vigenti oggi alla disciplina urbanistica ed edilizia;

Sul punto esiste una consolidata giurisprudenza amministrativa che inquadra il ruolo e limiti delle sanzioni pecuniarie di mantenimento opere già compiute e soggette a SCIA, da ultimo sentenza di Consiglio di Stato n. 7326/2024:

«In ogni caso, la possibilità di assoggettare a mera sanzione pecuniaria le opere soggette al regime della S.C.I.A. è legato alla conformità delle stesse rispetto alla normativa urbanistica ed edilizia. Infatti, ai sensi dell’art. 37, ult. comma, del d.P.R. n. 380/2001, “la mancata denuncia di inizio dell’attività non comporta l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 44. Resta comunque salva, ove ne ricorrano i presupposti in relazione all’intervento realizzato, l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 31, 33, 34, 35 e 44 e dell’accertamento di conformità di cui all’articolo 36”; ne consegue, secondo la costante giurisprudenza, che “in presenza di abusivismo edilizio, ai sensi degli artt. 22 e 37, comma 1, d.p.r. n. 380/2001 (T.U. Edilizia), l’applicabilità della sanzione pecuniaria è limitata ai soli interventi astrattamente realizzabili previa denuncia d’inizio attività che siano, altresì, conformi agli strumenti urbanistici vigenti” (Cons. Stato Sez. VI, 24-05-2013, n. 2873). Pertanto, “laddove manchino i presupposti per l’intervento, come, per l’appunto, nel caso in cui l’opera sia stata posta in essere in violazione del regolamento edilizio, è ammessa l’adozione dell’ordinanza di demolizione”».

Per ulteriori dettagli si rinvia a precedente approfondimento sul blog.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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