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Non può permanere l’opera compiuta in difformità a norme o prescrizioni degli strumenti urbanistici

In caso di illeciti accertati deve esercitarsi l’attività repressiva e sanzionatoria stabilita, ed emettere in primis l’ingiunzione alla demolizione. Ciò è stabilito dall’articolo 27 comma 2 del Testo Unico Edilizia, quale regola fondamentale che assoggetta a demolizione e ripristino dello stato dei luoghi (e quindi al ripristino dello Stato Legittimo) qualsiasi opera edilizia compiuta:

  1. in assenza o difformità di qualsivoglia titolo abilitativo, compreso quelle opere effettuate con S.C.I.A., C.I.L.A. o qualunque pratica edilizia previgente in passato;
  2. in tutti i casi si ponga in contrasto alle norme urbanistiche, regolamenti edilizi o strumenti urbanistici di ogni livello (comunale, regionale, ecc.), compreso quelle in attività edilizia libera (art. 6).

Tale disposizione ferrea stabilisce testualmente che «il dirigente o il responsabile, quando accerti l’inizio o l’esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi».

Pertanto emerge la regola generale: il dirigente o responsabile dell'U.T. comunale deve esercitare la vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia del territorio di competenza, affinché sia rispettata la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi (vedi comma 2 art. 27 T.U.E). 
Qualora egli abbia constatato da accertamenti d'ufficio o su segnalazione dei cittadini inosservanza di norme, prescrizioni e modalità accennate sopra, dovrà procedere con:
  • l’immediata sospensione dei lavori, che ha effetto fino all’adozione dei provvedimenti definitivi di cui ai successivi articoli (ad esempio art. 31 per ordinanza rimessa in pristino) da adottare e notificare entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori. Entro i successivi quindici giorni dalla notifica il dirigente o il responsabile dell’ufficio, su ordinanza del sindaco, può procedere al sequestro del cantiere;
  • accertamento dell’illecito e conseguente provvedimento di demolizione e rimessa in pristino in base alla specifica casistica, oppure in via residuale (e generale) ai sensi dell’articolo 27 T.U.E.

Come affermato dalla giurisprudenza, in aderenza al chiaro dato letterale della norma, l’intervento repressivo si palesa come espressione di un potere vincolato (fra le tante, Cons. di Stato n. 4645/2024, n. 2028/2023).

Dalla natura vincolata del provvedimento repressivo e sanzionatorio discende che «i provvedimenti aventi natura di atto vincolato, come l’ordinanza di demolizione, non devono essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento non essendo prevista la possibilità per l’amministrazione di effettuare valutazioni di interesse pubblico relative alla conservazione del bene. L’ordine di demolizione conseguente all’accertamento della natura abusiva delle opere edilizie, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto e, in quanto tale, non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge» (Cons. di Stato n. 22/2024).

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L’attività di vigilanza del Comune e i conseguenti provvedimenti repressivi possono avvenire anche senza effettuare sopralluoghi diretti, nei casi in cui non sia chiaramente necessario. Infatti è pacifico in giurisprudenza che «il provvedimento amministrativo può recare anche una motivazione per relationem, ammessa dall’art. 3, comma 3, della legge 241 cit., nelle ipotesi in cui sia preceduto e giustificato da atti istruttori in esso espressamente richiamati, resi disponibili alla parte incisa dall’esercizio del pubblico potere (ex multis, Consiglio di Stato, sez. II, 18 febbraio 2020, n. 1223)» senza necessità che «l’atto amministrativo menzionato per relationem sia unito imprescindibilmente al documento o che il suo contenuto sia riportato testualmente nel corpo motivazionale, essendo sufficiente che esso sia reso disponibile» (Cons. di Stato n. 10044/2022).

A nulla vale contestare l‘eventuale tardività dell’azione repressiva e dell’ordinanza demolitoria da parte del Comune rispetto all’epoca di ultimazione delle opere illecite, in quanto è altrettanto pacifico da giurisprudenza che in materia di abusi «non può avere rilievo, ai fini della validità dell’ordine di demolizione, il tempo trascorso tra la realizzazione dell’opera abusiva e la conclusione dell’iter sanzionatorio. La mera inerzia da parte dell’amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l’edificazione sine titulo) è sin dall’origine illegittimo. Allo stesso modo, tale inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere ‘legittimo’ in capo al proprietario dell’abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata» (Cons, di Stato n. 4645/2024, n. 6613/2021).

Per opere illecite ed effettuate senza titolo su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, opera anche il regime repressivo disposto dal medesimo articolo 27 c.2 T.U.E, infatti per pacifica giurisprudenza amministrativa «l’art. 27 d.P.R. n. 380/2001 impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico» (Consiglio di Stato n. 8793/2024, n. 9557/2023). Ciò significa che per l’abuso insistente su area paesaggisticamente vincolata, tale circostanza fattuale legittima di per sé l’adozione dell’ordine di demolizione, che deve dunque ritenersi congruamente motivato mediante semplice indicazione delle opere abusive.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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