Diagnosi, compravendite e trasformazioni consapevoli nel rebus edilizio dopo il Salva Casa (anche per non addetti ai lavori)
Costruzioni e interventi esonerati dal titolo abilitativo richiedono dimostrazione epoca e consistenza
in molti persistono nel credere che l’obbligo di titolo abilitativo sia diventato perentorio ed esteso a tutto il territorio con l’entrata in vigore della Legge ponte n. 765/1967, cioè con decorrenza 1° settembre 1967. Su tale obbligo si sono fatti ripetuti distinguo all’interno del libro, tra cui l’eventuale estensione di titolo obbligatorio anche prima della fatidica soglia “ante ’67” imposto da regolamento edilizio comunale o locale; occorre sottolineare anche l’assenza storica di una espressa categoria di opere qualificabili “edilizia libera” fintanto che alla fine degli anni Settanta non fu stabilito con:
- L. 10/1977 articolo 9 lettera c), che esonerava in prima istanza la manutenzione ordinaria dalla concessione edilizia;
- L. 457/1978 articolo 31, che dettagliata la categoria di manutenzione ordinaria
Per brevità si omette il carosello di modifiche normative avvenute in seguito, per giungere al momento di entrata in vigore del Testo Unico Edilizia D.P.R. 380/2001 (30 giugno 2003), il primo a introdurre un regime di attività edilizia libera con l’articolo 6, assorbendo anche la predetta categoria di manutenzione ordinaria. In seguito le categorie di attività edilizia libera sono state oggetto di diverse integrazioni e modifiche, avvenute con diverse aggiunte nonché affiancamento da Glossario Edilizia Libera (D.M. 02/03/2018) e norme regionali, ma anche revisioni riduttive avvenute con D.L. 40/2010 (L. 73/2010).
Infine è stata inserita nel T.U.E. la definizione di Stato Legittimo con D.L. 76/2020, revisionata dalla Legge n. 105/24 Salva Casa, in particolar modo serve focalizzare la quarta parte di essa. In tutta la ricostruzione della complessa catena di Stato Legittimo non si deve abbassare la guardia verso gli interventi compiuti in epoca asseritamente libera da titoli abilitativi comunque denominati, rilasciati, assentiti o asseverati.
Il fatto è che almeno molte opere allora ritenute libere sono state effettuate quando l’ordinamento non aveva provveduto a specificarle adeguatamente, o magari anche secondo prassi o regolamenti comunali; alla luce delle vigenti coordinate normative e giurisprudenziali questi interventi potrebbero apparirci compiuti senza l’idoneo titolo necessario, e pertanto illeciti. A prescindere da queste considerazioni, ogni attività edilizia è libera solo verso l’obbligo di titolo “puramente” edilizio (cioè verso il Comune), senza mai sottrarsi ai restanti adempimenti e obblighi previsti dalle norme di settore e speciali aventi incidenza urbanistica ed edilizia; questo vale ora come nei passati regimi amministrativi edilizi.
Questo ragionamento non vale soltanto per quell’insieme di opere libere comunque inquadrate dalla L. 10/1977 o dal D.P.R. 380/01: in verità la verifica dimostrativa delle opere compiute in edilizia libera richiede prudenzialmente l’accertamento di consistenza ed epoca esecutiva anche prima di tale norma. Qui si apre un problema già accennato in precedenti capitoli, soprattutto per gli interventi ritenuti poco rilevanti rispetto a quelli allora soggetti a licenza edilizia tra L. 1150/1942, L. 765/1967 e L. 10/1977. Non per nulla è facile riscontrare modesti interventi effettuati in epoca ante L. 10/1977, che oggi appaiono irregolari dalle nostre verifiche: è possibile che siano stati effettuati perché alcuni regolamenti locali dell’epoca esoneravano espressamente (es. Reg. Edilizio Del. C.C. di Empoli n. 109 del 14 luglio 1951, articolo 1), oppure su consolidate prassi instauratesi tra Uffici Tecnici comunali e cittadinanza/professionisti. Al netto di tutto ciò si perviene alle seguenti conclusioni:
- anche per le opere effettuate su immobili in epoca nella quale non era obbligatorio acquisire titolo abilitativo edilizio, occorre estendere le verifiche di consistenza e periodo di esecuzione;
- lo stesso dicasi anche per quegli interventi qualificabili attività edilizia libera previsti dalla normativa intercorsa, ancorché ciò non risulti previsto dalla definizione di Stato Legittimo (art. 9-bis) e tolleranze (art. 34-bis).
Quanto sopra è da ritenere un corretto metodo operativo di accertamento al fine di avere una chiara ricostruzione di tutte le vicende trasformative, compreso quelle minimali. Infatti è necessario individuarle anche per il futuro: chi ci dice che il legislatore non faccia un volta faccia e riveda al ribasso il regime di attività edilizia libera? Inoltre, anche non volendo, nelle pieghe della definizione di Stato Legittimo (quarta parte) si cela la possibile interpretazione “estensiva” del regime edificatorio libero al regime di attività edilizia libera. Di seguito il testo dell’articolo 9-bis c.1-bis T.U.E:
(omissis) Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. (omissis)
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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