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Finora la sanatoria parziale o condizionata a opere postume è stata vietata, e resa possibile per abusi minori col decreto Salva Casa

Il Salva Casa ha introdotto per la prima volta la possibilità di ottenere la sanatoria condizionata, rispettando una serie di presupposti. Per decenni la giurisprudenza ha dichiarato illegittima ogni forma e procedura di sanatoria edilizia di tipo “condizionata”, cioè legata a ulteriori fasi trasformative posteriori alla presentazione dell’istanza.

Sanatoria condizionata, motivi di inapplicabilità totale vigenti al D.L. 69/2024

La sanatoria edilizia condizionata a opere postume, prevederebbe la necessità di non rispettare la doppia conformità al momento della presentazione della domanda, ma in un momento successivo ad essa; lo scopo di effettuare opere postume all’istanza di sanatoria è di eliminare appunto le porzioni che risultano in contrasto ai requisiti di doppia conformità all’epoca di ultimazione e all’istanza stessa, potendo conformare l’opera insanabile congiuntamente o disgiuntamente ai due criteri di conformità.

Ogni forma di semplificazione inserita in tal senso anche da norme regionali è stata dichiarata incostituzionale a più riprese perchè esclusi dall’unico regime di sanatoria edilizia possibile, cioè quello dell’articolo 36 D.P.R. 380/01 con doppia conformità, qualificato anche come “sanatoria formale”; anche a livello comunale sono state applicate alcune prassi operative improntate alla sanatoria condizionata, tuttavia sono state dichiarate illegittime mediante ricorsi amministrativi, anche qualora sospinte da puro buon senso pratico.

Un esempio capitato in attività professionale riguardava un caso di Accertamento di conformità per parziale difformità compiuta rispetto al permesso di costruire, dove una villetta tipologia “duplex” era stata costruita con traslazione di 30 cm rispetto al progetto approvato, assieme alla costruzione abusiva di una piccola tettoia tergale situata a distanza inferiore da quella minima dai confini. Il Tecnico di questa proprietà non si era accorto di quest’ultima circostanza, e il Comune non potette far altro che inviare diniego all’intera istanza di sanatoria edilizia, rigettando anche la proposta di demolizione immediata della tettoia, l’unico elemento non conforme rispetto alla restante consistenza e doppiamente conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente ad entrambe le epoche prescritte dall’articolo 36 D.P.R. 380/01. Il divieto di sanatoria edilizia condizionata si applica anche quando la porzione realizzata in contrasto alle norme, strumenti urbanistici o regolamenti edilizi comunali, risulti irrilevante sia in senso assoluto che comparata alla costruzione di afferenza.

Qui trovi anche un mio video commento:

Fino alla sopravvenienza del Decreto Legge n. 69/2024 “Salva Casa”, la giurisprudenza aveva dichiarato preclusa ogni forma di adattamento dell’abuso oggetto di sanatoria in ogni senso:

  • positivo, con adeguamento e conformazione alla doppia conformità “rigida”, anche congiuntamente ad entrambe le epoche di riferimento;
  • negativo, con rimozione delle sole parti insanabili e/o non conformabili (per criticità tecniche o costi);

Per esempio il Consiglio di Stato ha ribadito fino ai giorni nostri che l’accertamento di conformità di cui all’articolo 36 T.U.E., così come anche per le SCIA in sanatoria ex art. 37 c.4 T.U.E, «non può essere subordinato alla realizzazione di ulteriori interventi edilizi che rendano l’abuso conforme agli strumenti urbanistici. Questa conformità deve infatti già sussistere precedentemente e non all’esito di una futura ed ulteriore attività da parte del richiedente. La cosiddetta “sanatoria condizionata”, caratterizzata dal fatto che i suoi effetti vengono subordinati all’esecuzione di specifici interventi aventi lo scopo di far acquisire alle opere il requisito della conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia che non posseggono, non è prevista dall’assetto normativo di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, in quanto l’art. 36 si riferisce esplicitamente ad interventi già ultimati. La disciplina stabilisce che la “doppia conformità” debba sussistere sia al momento della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria. Un eventuale permesso di costruire in sanatoria contenente prescrizioni sarebbe in contrasto con tale disciplina normativa in quanto postulerebbe non la “doppia conformità” delle opere abusive pretesa dalla disposizione in parola, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all’esecuzione delle prescrizioni e quindi non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, ma, eventualmente, solo alla data futura ed incerta in cui la richiedente avrebbe ottemperato alle prescrizioni» (vedi anche Cons. di Stato n. 8985/2023, n. 8713/2022 e n. 10317/2022).

In senso analogo si è espressa più volte la Cassazione Penale, da ultimo con sentenze n. 32340/2023 e n. 16498/2021, affermando che:

  • non determina l’estinzione del reato edilizio di cui all’art. 44 lett. b) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e deve considerarsi illegittimo il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all’esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell’alveo di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica (vedi anche Cass. Pen. n. 28666/2020, n. 51013/2015).
  • la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, non ammettendo termini o condizioni, deve riguardare l’intervento edilizio nel suo complesso e può essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall’art. 36 d.P.R. cit. e, precisamente, la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, dovendo escludersi la possibilità di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive che, solo successivamente, in applicazione della cosiddetta sanatoria “giurisprudenziale” o “impropria”, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica (vedi anche Cass. Pen. n. 47402/2014).

Gli stessi principi esaminati finora prevedono che il diniego di sanatoria condizionata valga anche per le opere:

Tra Sanatoria sostanziale e sanatoria formale

Finora l’ambito di regolarizzazione si era polarizzato tra due posizioni pressoché opposte, stabilite secondo la rigida filosofia della L. 47/85, leggermente eroso con l’istituzione della CILA tardiva ex articolo 6-bis T.U.E (basata sulla singola conformità alla disciplina urbanistico edilizia vigente al suo deposito):

  1. Sanatoria edilizia ordinaria, cioè senza scadenza, basata sulla doppia conformità e pertanto di natura puramente formale: viene sanata la mancata presentazione del titolo abilitativo che, qualora astrattamente presentato ad entrambe le epoche di norma, avrebbe avuto esito positivo;
  2. Sanatoria edilizia speciale e straordinaria, con scadenza temporale e idonea a superare anche situazioni in contrasto a disposizione urbanistico-edilizia, oltre a varie casistiche intermedie, previste rispettivamente dai tre norme di condono edilizio L. 47/5, L. 724/94, L. 326/03, configurando natura di sanatoria sostanziale;

Per inciso, per sanatoria sostanziale si deve intendere qualunque forma di regolarizzazione ottenuta o effettuata nei confronti del mancato rispetto di una qualsiasi regola, previsione o prescrizione vigente al momento di esecuzione dell’opera, e non tanto per il mancato previo ottenimento del titolo abilitativo richiesto. Ergo, dove c’è abuso sostanziale c’è anche abuso formale.

Queste due tipologie di sanatorie edilizie trovano applicazione diretta soltanto agli illeciti puramente edilizi, mentre ogni intervento illecito compiuto nei confronti di qualsiasi altra norme di settore o avente incidenza urbanistico edilizia, richiede la prescritta procedura di regolarizzazione in senso favorevole, dovendo ottenere il favorevole rilascio dell’atto di assenso come presupposto di conclusione positiva della sanatoria edilizia.

Sanatoria edilizia richiede valutazione unitaria

Le sanatorie edilizie (finora) si sono effettuate a “mattoni fermi”: possiamo riassumere così il principio di quanto ormai pacificamente consolidatosi finora in giurisprudenza, escludente finora qualsiasi soluzione intermedia tra regolarizzazione totale dello stato dei luoghi e interventi edilizi adattivi in generale.

A confermare l’impedimento di ogni forma di sanatoria edilizia intermedia o condizionata a opere non vi sono stati soltanto i criteri di doppia conformità rigida, di abuso formale e di effetti estintivi penali del reato edilizio: la procedura di sanatoria edilizia senza opere è supportato pure dal criterio inderogabile di valutazione unitaria dell’intervento edilizio, necessario per individuare la complessiva categoria di intervento e la corrispondente procedura amministrativa. Non sussiste alcun obbligo per il Comune di valutare e motivare analiticamente il diniego della regolarizzazione, rapportandosi ad una ipotetica parcellizzazione dell’opera generale in interventi di livello minore.

In altre parole non è prevista la possibilità di scomporne una parte per affermarne la sanabilità: il pregiudizio arrecato all’assetto del territorio non è pregiudicato tanto dal singolo intervento a sé stante, quanto dall’insieme di opere considerate nel loro insieme. Motivo per cui, l’opera abusiva deve essere identificata con l’intero complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi ed estrapolarli dal contesto immobiliare unitario.

In presenza di una domanda di sanatoria parziale, accompagnata da interventi di demolizione e adeguamento, l’impossibilità di regolarizzare le opere determina, quale conseguenza necessaria e vincolata, l’adozione di un provvedimento di rigetto (Cons. di Stato n. 37/2024).

La Cassazione Penale permane sul principio già espresso da tempo secondo cui, in tema di reati urbanistici, non è ammissibile il rilascio di una concessione in sanatoria parziale, dovendo l’atto abilitativo postumo contemplare tutti gli interventi eseguiti nella loro integrità (Cass. Pen. n. 17412/2023, n. 25331/2019, n. 41105/2018, n. 22256/2016, n. 47402/2014). Il Consiglio di Stato ha ribadito lo stesso concetto perfino in ambito di condono edilizio parziale:

…tutta la legislazione urbanistica e la giurisprudenza formatasi in materia di condono edilizio escludono la possibilità di una sanatoria parziale, sul presupposto che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate, per cui non è possibile scindere la costruzione tra i vari elementi che la compongono ai fini della sanatoria di singole porzioni di essa (cfr. Cons. di Stato n. 10864/2023, n. 9220/2023, n. 8067/2023; Cons. di Stato n. 6726/2023, che richiama Cons. Stato n. 4033/2018; Cass. Pen n. 4572/2018).

Sanatoria condizionata per abusi edilizi minori, esclusa per abusi primari

Tra le diverse novità del Salva Casa compare la rottura ufficiale di un altro tabù, figlio del regime di sanatoria formale in doppia conformità: la sanatoria condizionata ad opere, ma non per tutte le casistiche. Il Salva Casa ha inserito all’interno del comma 1 articolo 36-bis Testo Unico Edilizia una particolare procedura di sanatoria edilizia, apparentemente più semplificata, con cui è possibile in linea generale:

  • regolarizzare gli abusi minori, cioè rientranti in:
    • parziali difformità o variazioni essenziali effettuate rispetto al Permesso di costruire/SCIA alternativa;
    • opere effettuate in assenza o difformità dalla SCIA ordinaria;
  • superare il perdurante requisito di doppia conformità rigida, con una doppia conformità “asincrona”, verificando la conformità congiuntamente alla:
    • disciplina urbanistica vigente all’istanza di sanatoria, cioè ai giorni nostri;
    • ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento di realizzazione, precisando che per essa la dichiarazione è resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento di realizzazione dell’intervento (comma 3 art. 36-bis).

Al successivo comma 2 medesimo articolo è stata inserita l’ulteriore previsione di sanatoria edilizia condizionata, valevole limitatamente ai predetti abusi edilizi minori, restando invece esclusi quelli primari compiuti in assenza o totale difformità da permesso di costruire/SCIA alternativa.

Di conseguenza si è di fronte ad una forma inedita di sanatoria edilizia condizionata e minore, disciplinata dal comma 2, per il quale in corso di conversione di legge sono state apportare alcune modifiche proposte in testo coordinato come segue:

2. Il permesso presentato ai sensi del comma 1 può essere rilasciato dallo sportello unico per l’edilizia di cui all’articolo 5, comma 4 -bis , subordinatamente alla preventiva attuazione, entro il termine assegnato dallo sportello unico, degli interventi di cui al secondo periodo. In sede di esame delle richieste di permesso in sanatoria lo sportello unico può condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, al superamento delle barriere architettoniche e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi del presente articolo. Per le segnalazioni certificate di inizio attività presentate ai sensi del comma 1, lo sportello unico individua tra gli interventi di cui al secondo periodo del presente comma le misure da prescrivere ai sensi dell’articolo 19, comma 3, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, che costituiscono condizioni per la formazione del titolo.

La sanatoria condizionata offre due alternative, anche combinatamente, di effettuare intervento di varia natura posteriormente al deposito di richiesta Permesso in sanatoria o di SCIA in sanatoria, ovvero:

  1. opere di adeguamento edilizio, anche di tipo strutturale, per conformare stato dei luoghi alla (sola) normativa tecnica di settore dei requisiti di sicurezza;
  2. rimozione opere non sanabili ai sensi dell’intero articolo 36-bis;

L’esecuzione delle determinate opere condizionali, meglio analizzate di seguito, è stata espressamente inserita in entrambi i procedimenti di sanatoria edilizia contemplati dall’articolo 36-bis, con lievi differenze inerenti la loro esecuzione viene indicata dallo Sportello Unico edilizia comunale:

  • permesso di costruire in sanatoria, il cui rilascio è subordinato alla preventiva realizzazione dei necessari interventi, alla rimozione delle opere non sanabili, senza prevedere tempistiche inerenti l’esecuzione e di controllo da parte della P.A.; sicuramente spetterà al Tecnico professionista documentare diligentemente le trasformazioni effettuate, il loro corretto completamento e gli eventuali collaudi necessari;
  • SCIA in sanatoria, la cui formazione è condizionata all’esecuzione di interventi e rimozione di quelle parti altrimenti non sanabili; è stato operato il rinvio procedura amministrativa della SCIA ex articolo 19 c.3 L. 241/90 (secondo, terzo e quarto periodo), la stessa prevista per conformare l’attività intrapresa avviata alla normativa vigente, per la quale il Comune prescrive le misure necessarie da attuare con un termine stabilito in via discrezionale e non inferiore a trenta giorni.

Opere condizionali ammesse in sanatoria minore

Le opere oggetto di sanatoria condizionata meritano una attenta analisi, considerato anche il passo indietro avvenuto in conversione di legge. Nella versione originaria del decreto legge n. 69/2024 le opere condizionali potevano riguardare l’adeguamento conformativo a varie norme tecniche di settore rientranti nella disciplina edilizia (non propriamente definita):

  • sicurezza (es. strutturale, antisismica, luoghi di lavori, ecc)
  • igiene e salubrità (requisiti minimi di Agibilità, acustica, ecc)
  • efficienza energetica degli edifici e impianti (D.Lgs. 192/05, D.M. 37/2008, ecc)
  • superamento barriere architettoniche (L. 13/89, D.M. 236/89, ecc).

In conversione di legge è stata mantenuta soltanto la prima ipotesi di sicurezza, cassando le restanti; al momento non sono chiari i motivi politici di tale passo indietro, limitando ad esprimere opinioni da direzioni diverse:

  1. perdita di deterrenza: un elevato livello di “facile sanabilità” porterebbe a confidare troppo positivamente nell’adattabilità postuma di abusi minori; forse questa revisione restrittiva delle opere condizionali è stata effettuata a contrappeso dell’inserimento delle variazioni essenziali nell’articolo 36-bis.
  2. perdita di strumenti correttivi: escludere l’esecuzione di opere di adeguamento verso quelle norme di settore, al netto di quella strutturale antisismica, porterà al diniego di diverse casistiche di sanatoria edilizia per discordanze adattabili e perfino di lievi entità, ma comunque incidenti sostanzialmente sull’Agibilità/Abitabilità degli immobili. A tal proposito viene a mente il caso in cui gli infissi installati su una apertura in facciata, creata nel 2010, non rispettavano i requisiti acustici passivi.
  3. ridondanza o incertezza applicativa: l’introduzione della doppia conformità asincrona concede un notevole vantaggio impensabile fino a due mesi fa, ammettendo la sanatoria di opere abusive ai requisiti edilizi vigenti all’epoca di ultimazione. Concedere ai comuni la valutazione tecnica della loro conformità all’epoca, e delle relative opere di adeguamento, comportava una profonda conoscenza di varie normative di settore, per le quali occorrono specifici percorsi di specializzazione ed enormi responsabilità, il tutto a costo zero, ingessando ancora di più una P.A. già sovraccaricata.

A seguito degli emendamenti approvati in conversione di legge, il legislatore ci deve aver ripensato eliminando questa possibilità, lasciando soltanto l’adeguamento conformativo delle sole opere di sicurezza strutturale per due probabili motivi:

  • la sicurezza strutturale e della pubblica incolumità innanzi tutto;
  • è una materia gestita per legge dagli uffici tecnici regionali (ex Genio Civile);

Magari in futuro il legislatore potrebbe estendere questa particolare forma di sanatoria condizionata anche all’Accertamento di conformità in sanatoria per abusi primari, disciplinato dall’articolo 36 T.U.E.

Rimozione opere non sanabili ad ampio spettro

La possibilità di demolire e rimuovere parti dell’immobile non sanabili invece è rimasta invariata nel senso più ampio perchè non trova limitazioni a norme di settore o disciplina urbanistico edilizia; inoltre la rimovibilità delle opere insanabili è estesa a tutti i casi di insanabilità previsti dall’intero articolo 36-bis T.U.E:

«alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi del presente articolo.»

Questa opzione può essere “spinta” e resa utile anche per incidenti di percorso non soltanto a livello edilizio (mancanza conformità ai requisiti della disciplina edilizia all’epoca di abuso), ma anche verso tutte le forme di diniego, improcedibilità o adeguamento opere imposti dagli altri endoprocedimenti per pareri, nulla osta o atti di assenso comunque denominati, primo tra tutti il diniego di Compatibilità paesaggistica.

In questo momento sussiste un apparente “corto circuito incrociato” tra:

  1. improcedibilità di Compatibilità paesaggistica con aumento volume/superficie (art. 167 D.Lgs. 42/2004);
  2. debordamento in totale difformità di opere compiute con variazioni essenziali su immobili vincolati (art. 32 c.3);
  3. nuova procedura di sanatoria semplificata ex articolo 36-bis T.U.E.;

La successione temporale delle norme consente di far prevalere le regole della sopravvenuta sanatoria ex articolo 36-bis sulle altre, e quindi ottenere (per espressa previsione) la Compatibilità paesaggistica anche creazione di volumi/superfici o aumento di quelli legittimamente realizzati. Tuttavia il procedimento di Compatibilità paesaggistica “in sanatoria” potrebbe giungere al diniego per contrasto dell’opera ai valori e obbiettivi imposti dal vincolo stesso: in questo caso sarebbe ipoteticamente possibile rimuovere, ma non adeguare, le opere giudicate non compatibili a livello paesaggistico.

Finché si tratta di demolire una opera ben distinta e autonoma dal resto della costruzione interessata dalla sanatoria, la rimovibilità parziale dell’opera insanabile può essere di aiuto, ma non potrà essere invocato (per ora) un dissenso costruttivo in caso di diniego, al pari del procedimento di autorizzazione paesaggistica ordinaria; non sarà invece possibile effettuare adeguamenti conformativi, ammessi soltanto per opere strutturali.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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