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Il titolo abilitativo occorre quando supera modeste dimensioni, modifica l’immobile preesistente, con incremento di carico urbanistico e superfici

Il Consiglio di Stato con sentenza n. 486/2024 conferma l’orientamento relativo alla realizzazione dei soppalchi, cioè quei manufatti realizzati all’interno della sagoma e volumetria esistente rispondenti alla seguente definizione:

Il soppalco è una partizione orizzontale interna praticabile, ottenuta con la parziale interposizione di una struttura portante orizzontale in uno spazio chiuso (voce n.24 Allegato A Regolamento Edilizio Tipo 2016).

È possibile che nelle norme regionali e regolamenti comunali la suddetta definizione sia stata integrata e dettagliata, eventualmente imponendo specifiche dimensionali, come altezze interne e superfici? La risposta è affermativa, per cui nel prosieguo del post si farà riferimento a criteri generali.

La realizzazione di un soppalco spesso implica la creazione di un ulteriore solaio all’interno di uno spazio, aperto almeno su un lato verso un ambiente interno, comunemente noto come “doppio volume” per via della sua rilevante altezza interna. Altrimenti, senza l’affaccio su uno spazio aperto non configura più soppalco, ma la creazione di un vano chiuso interno, ed è per questo che molti strumenti urbanistici e regolamenti comunali impongono rapporti percentuali di copertura dello spazio sottostante. Di solito, la separazione tra il soppalco e lo spazio sottostante avviene attraverso parapetti di varie tipologie, come ringhiere, pannellature o muretti.

In base alle caratteristiche e alle finalità d’uso, i soppalchi sono generalmente suddivisi in categorie “praticabili” o meno. Propongo di distinguerli come segue in base all’uso:

  1. abitabile e accessibile alle persone, sia ad uso permanente (camera) che accessorio (ripostiglio);
  2. abitabile, ma non accessibile alle persone (anche per altezze interne modeste e carenza di aeroilluminazione);
  3. produttivo, per lo stoccaggio di merci;
  4. produttivo, con permanenza addetti e lavorazioni;
  5. arredo amovibile temporaneo (letto a castello in legno, esclusi dalla trattazione);

Fatta questa prima generale introduzione, per capire quali pratiche edilizie occorre presentare al Comune è necessario operare secondo vari criteri; nella trattazione non si terrà conto di quei vari atti di assenso, autorizzazioni e nulla osta comunque denominati e previsti da altre norme di settore.

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Carico urbanistico legato a superficie utile

La questione dell’incremento di superficie utile, primaria o accessoria che sia, potrebbe avere anche riflessi negativi sul versante della Compatibilità paesaggistica ex articolo 167 c.4 D.Lgs. 42/2004, quando si intende sanare un soppalco realizzato senza titoli edilizi.

La realizzazione di un soppalco avviene all’interno di un volume legittimato non deve lasciar presunto che sia liberalizzata la sua costruzione, in quanto in linea generale costruire un soppalco comporta incremento di superficie utile interna; in base alle caratteristiche e utilizzazione finale tale incremento di superficie si potrà distinguere in:

  • Superficie Utile: quella effettivamente abitabile o agibile, cioè utilizzabile in maniera continuativa da persone avendone i requisiti e possibilità di permanenza umana negli spazi;
  • Superficie Accessoria: spazio che non presenta i requisiti di abitabilità o agibilità menzionati al punto precedente, avente carattere di servizio o uso pertinenziale rispetto all’unità immobiliare in cui è inserita;

Per prima cosa occorre considerare il rispetto dei requisiti minimi igienico sanitari o di altezze interne del soppalco, le quali condizionano molto il risultato finale e la qualifica dell’opera. Ai fini dell’inquadramento delle pratiche edilizie il passo tra opere modeste e rilevanti è breve.

Incremento superficie utile e categoria di intervento

La disciplina edilizia del soppalco, ovvero dello spazio aggiuntivo che si ricava all’interno di un locale interponendovi un solaio, va apprezzata caso per caso in relazione alle caratteristiche del manufatto.

Il vero nodo per inquadrare la categoria di intervento, e di conseguenza la relativa procedura edilizia, passa in primis dalla configurazione o meno dell’incremento di carico urbanistico provocato dall’aumento di superficie, ancorché entro sagoma, uscendo dalla categoria di mere opere distributive interne.

La creazione di un piano soppalcato, comportando la fruizione dell’immobile da parte di ulteriori soggetti, comporta un incremento di tale carico che provoca ulteriori conseguenze sul regolare assetto del territorio rispetto alla consumazione del reato (Cass. Pen. 32324/2022, n. 9058/2003).

Il Consiglio di Stato ha consolidato una giurisprudenza in cui prevede il permesso di costruire quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell’immobile preesistente, con incremento delle superfici dell’immobile e, in prospettiva, ulteriore carico urbanistico (Cons. di Stato n. 486/2024, n. 1002/2022). Tale ipotesi non rientra nella categoria di ampliamento prevista dall’articolo 3 comma 1 lettera e.1) del DPR 380/01, ma faccio fatica ad inquadrarli in ristrutturazione edilizia “pesante” ex articolo 10 c.1 medesimo decreto in quanto non comportano aumento di volumetria (qualora interamente già autorizzata), e pertanto vince il criterio residuale che inquadra in nuova costruzione ex articolo 3 comma 1 lettera e) T.U.E.

Si può rientrare invece nell’ambito degli interventi edilizi minori, per i quali comunque il permesso di costruire non è richiesto, ove il soppalco sia tale da non incrementare la superficie dell’immobile: ciò si verifica solo nel caso in cui lo spazio realizzato col soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone (Consiglio di Stato n. 1002/2022, Consiglio di Stato, sez. VI, 2 marzo 2017, n. 985; sez. VI, 9 luglio 2018, n. 4166; sez. IV, 8 luglio 2019, n. 4780).

Ciò non significa che sia inquadrabile come intervento di edilizia libera, e tanto meno in CILA in quanto la realizzazione di un soppalco interessa le parti strutturali dell’edificio, anche nelle ipotesi di esonero di pratiche strutturali e antisismiche (art. 6-bis comma 2 DPR 380/01).

Ad ogni modo, la creazione di un soppalco comportante aumento di superficie accessoria non può rientrare neppure in manutenzione straordinaria, nè “leggera” nè “pesante“, di cui agli articoli 3 e 22 del DPR 380/01: indubbiamente la costruzione di un soppalco, anche ad uso accessorio, non qualifica intervento “manutentivo”, bensì innovativo in quanto si aggiunge ex novo un elemento sostanziale che rende diverso in tutto o in parte l’organismo edilizio preesistente. Ed ecco che allora può configura ristrutturazione edilizia articolo 3 comma 1 lettera d) T.U.E. e rientrare in SCIA ordinaria, rimanendo esclusa dalla ristrutturazione edilizia pesante.

A prescindere dal titolo necessario per l’esecuzione, SCIA o permesso di costruire, i soppalchi in ogni caso non possono essere destinati ad una funzione abitativa qualora carenti dei requisiti minimi di altezza interna, previsti dal D.M. 5 luglio 1975 e dall’art. 43, comma 2, lettera b) L. 457/1978 che prescrivono le altezze degli ambienti abitativi e dei vani accessori delle abitazioni non inferiori, rispettivamente, a m. 2,70 e 2,40; ciò vale per le parti sottostanti e soprastanti al soppalco, rendendo inapplicabili quelle minori diversamente previste nei regolamenti edilizi e piani regolatori comunali. In senso analogo vale anche per le destinazioni d’uso diverse da quelle residenziali.

Aspetti strutturali per realizzare soppalchi 

Dal punto di vista strutturale il soppalco può essere costituito da uno o più porzioni di solai, connessi tra loro e in grado di consentire una corretta risposta in funzione dei carichi di esercizio della destinazione finale. Diciamo che tale elemento edilizio non è da considerare proprio irrilevante ai fini statici e antisismici, proprio perchè comporta aumento dei carichi permanenti e di esercizio. Si va da tipologie piccole ad uso ripostiglio fino a sistemi carrabili o con macchinari industriarli.

Le tipologie strutturali dei soppalchi possono essere elencate così:

  • autoportante, cioè con struttura propria, indipendente e quindi non connessa alla struttura del fabbricato in cui vengono inseriti all’interno: certamente, si sta parlando del caso in cui siano realizzabili con appoggio al piano terra, cioè con fondazioni autonome, basti pensare a quelle dei capannoni industriali necessarie per fini di magazzini e logistica.
  • struttura connessa al fabbricato: si tratta dei casi in cui i solai siano appoggiati e collegati con vari sistemi alla struttura preesistente dell’edificio in cui sono inseriti.

Chiaramente raccomando di far valutare ad ingegneri strutturisti gli aspetti strutturali e antisismici da prendere in esame, quindi le necessarie pratiche di deposito o autorizzazione sismica al rispettivo ufficio tecnico regionale (ex Genio Civile, ndr).

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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