Comune non poteva certificare Agibilità con illegittimità edilizie, ma Salva Casa ha disciplinato l'argomento
Difficile effettuare una lettura frazionata su più fasi e porzioni nell’immobile, soprattutto per regolarizzarlo
Nel tempo potrebbero essersi stratificate diverse irregolarità e illeciti edilizi, cioè compiuti in epoche distanziate tra loro.
Conoscere con esattezza l’epoca di esecuzione ed ultimazione delle opere prive di titolo e presumibilmente irregolari è indispensabile per vari motivi, primo tra tutti capire se siano state effettuate in epoca e zona in cui non vi era obbligo di titolo abilitativo. Il pensiero va subito alle casistiche di costruzioni situate nelle zone diverse dai centri abitati e zone di espansione dei P.R.G. anteriormente al 1 settembre 1967.
A guastare la festa, tuttavia ci sono due aspetti riguardanti l’obbligo di licenza edilizia:
- poteva essere già stato esteso a tutto il territorio comunale con regolamento edilizio già prima di tale data (entrata in vigore legge ponte n. 765/67);
- può anche retrocedere anteriormente alla legge n. 1150/42, come riconosce consolidata giurisprudenza.
Per cui nella verifica e nella ricostruzione crono-urbanistica dello Stato legittimo degli immobili si rende necessario verificare l’esatta conoscenza delle singole opere nel corso del tempo.
E per fare ciò, occorre comportarsi almeno con gli stessi canoni indicati nella seconda parte della definizione di Stato Legittimo (art. 9-bis c.1-bis D.P.R. 380/01), facendo riferimento a quell’onere probatorio già noto dalla giurisprudenza.
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Il vero quesito da porsi lato soggetto richiedente, ma anche ufficio pubblico, è se esiste e quale sia un minimo lasso di tempo per considerare effettuate separatamente le varie irregolarità sommate sull’immobile.
Mi spiego meglio: ipotizziamo un appartamento costruito con regolare licenza edilizia nel 1968, sul quale risultano effettuati irregolarità:
- nel 1969 per mancata variante finale di costruzione;
- nel 1990 per ristrutturazione generale;
- nel 2012 per lievi modifiche interne;
Per regolarizzare tre illeciti edilizi ben distinti (o distinguibili) e distanziati nel corso del tempo, si possono presentare due diverse impostazioni per un’unica procedura:
- soltanto per le differenze tra l’unico stato licenziato originario (1969) e oggi;
- oppure verificare separatamente i differenti stadi di verifica di conformità, praticamente tre sanatorie dentro una;
La prima, per quanto possa apparire più logica e pratica, tuttavia non è quella ammessa nella prassi degli enti pubblici; l’attuale regime sanzionatorio è orientato a tenere separati i vari illeciti edilizi compiuti nel corso del tempo, qualora sia possibile individuarne la relativa consistenza e data esecuzione, cioè la seconda ipotesi.
Il criterio fondamentale è la natura permanente dell’illecito edilizio, che una volta consumato “istantaneamente” nel tempo, perdura la sua esistenza anche dopo; questo principio è sufficiente per considerare corretto la distinzione dei vari illeciti edilizi intervenuti nel corso del tempo. Il criterio è necessario anche per delineare quelle casistiche di illeciti edilizi effettuati in maniera “diluita” nel tempo, cioè una ristrutturazione edilizia effettuata dal proprietario nel corso di tanti anni, magari per mancanza di fondi o tempo.
In questo senso, le planimetrie catastali depositate e comprovanti un certo stato dei luoghi ad una certa data non giocheranno a favore del soggetto richiedente la sanatoria.
Riferimenti giurisprudenziali utili
Partirei riportando un principio generale ripreso dal Consiglio di Stato n. 7066/2023, il quale stabilisce che:
nell’esame della legittimità (e liceità) di un intervento edilizio che ha comportato una modificazione del territorio, il risultato di tale intervento deve essere valutato globalmente, dovendosi cioè considerare la trasformazione del territorio come unitariamente intervenuta, e dunque stabilirne la complessiva ed unitaria compatibilità urbanistico-edilizia e, se del caso, paesaggistica, in riferimento alla disciplina normativa ordinaria e secondaria, alla pianificazione vigente ed agli standard ivi previsti, che si impongono a quanto da realizzarsi.
Ciò comporta, a fronte di un intervento complesso – e a maggior ragione laddove non viene offerta una sensibile modulazione nel tempo della realizzazione effettuata, al fine di dimostrare eventualmente, per effetto del lasso temporale intercorso, la specificità e sopravvenienza di una o più parti di quanto contestato rispetto al corpus principale – che non è possibile una lettura “frazionata” di tale intervento, assumendo impropriamente la necessità di permesso di costruire solo per una (o più) delle volumetrie realizzate ed invocando, contestualmente, per altri manufatti l’appartenenza alla categoria dell’”edilizia libera”, ovvero la previsione della sola s.c.i.a. o c.i.l.a.
Il potere di governo del territorio, infatti, deve essere esercitato dalla pubblica amministrazione, avendo in esame ciò che il privato intende complessivamente realizzare, e solo in ordine a tale rappresentazione può essere preventivamente verificata la necessità (o meno) di titolo edilizio ovvero di altro strumento legittimante alla costruzione, con la conseguenza che – una volta rilasciato una concessione edilizia o un permesso di costruire – la realizzazione non può che corrispondere a quanto assentito, dovendosi – in caso di sopravvenienze, ripensamenti o modifiche – ricorrere allo strumento della variante.
Se la distinzione temporale dei vari illeciti edilizi va effettuata per rilevare separatamente le condotte da sanzionare in via penale e amministrativa in quanto essi hanno natura permanente, bisogna ricordarsi di non confondere questa impostazione col criterio di valutazione unitaria dell’intervento.
Questo criterio, ampiamente commentato più volte nel mio blog, intende affermare che il singolo intervento (illecito o regolare che sia) debba essere considerato in via unitaria e complessivamente, onde evitare lo “spezzatino” tra categorie di intervento minori.
In altre parole, un dato insieme di opere effettuate in un certo periodo e sostanzialmente ben distinte da quelle realizzate in altri momenti, va comunque considerato unico nel suo insieme. Per ciascun singolo intervento connotato da una certa epoca e periodo di esecuzione, occorre fare una valutazione distinta per individuare la generale categoria di intervento, e la conseguente procedura repressiva e sanzionatoria.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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