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Il Consiglio di Stato definisce la pergotenda affinché non configuri spazio chiuso e volumetria

La definizione di pergotenda non è espressamente prevista all’interno del Regolamento Edilizio tipo nazionale (forse in quelle versioni regionali), e neppure nel Glossario di Edilizia libera 2018.

Eppure si tratta di un manufatto che normalmente si installa (davvero) senza permessi edilizi, al netto di tutte le altre normative, regolamenti locali e vincoli.

Il fatto è che per taluni la nozione di “pergotenda” può significare altri tipi di elementi edilizi o manufatti, arrivando a tirare certi concetti come un elastico e giustificare la realizzazione di altri manufatti per chiudere o realizzare impropriamente spazi chiusi.

Ad esempio ne ho parlato nel post sulle alette ruotanti installate su telai, allo scopo di artefare tettoie: se le alette possono essere completamente “impacchettabili” o richiudibili agevolmente con sistemi manuali o motorizzati, allora si possono equiparare alla classica tenda a rullo o pergotenda; in caso contrario si configurerebbe una tettoia, in quanto suscettibile di potenziale copertura permanente (lo so, la differenza è davvero sottile e forse non condivisibile).

E siccome l’analogia riguarda la pergotenda, direi che sia tornato il momento di rammentare le condizioni e requisiti essenziali per installare la pergotenda, rispettando il regime di edilizia libera previsto dall’articolo 6 DPR 380/01 e relativo Glossario Edilizia Libera.

Direi quindi di fare riferimento alla sentenza di Consiglio di Stato n. 5567/2023, che esamina una fattispecie relativa alla pergotenda chiusa con vetrate panoramiche amovibili.
Chiaramente la nozione di pergotenda va tenuta distinta da quella di pergola o pergolato.

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Caratteristiche essenziali della pergotenda

Per qualificare la pergotenda in edilizia libera, cioè esonerata dai regimi di permesso di costruire, SCIA o CILA, valgono le stesse condizioni e limiti previsti per lo stesso regime, cioè di rispettare comunque:

  • norme di settore e speciali aventi incidenza edilizia;
  • piani regolatori, regolamenti edilizi e strumenti urbanistici in generale;
  • vincoli e disposizioni sovraordinate;
  • rispetto dei regolamenti condominiali;
  • eccetera.

Affinché si possa qualificare l’elemento come pergotenda è necessario che essa, per le sue caratteristiche strutturali e per i materiali utilizzati, non determini la stabile realizzazione di nuovi volumi/superfici utili. I limiti e dettagli previsti sono ben evidenziati dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 5567/2023.

Quindi deve trattarsi di una struttura leggera, non stabilmente infissa al suolo, idonea a supportare una “tenda”, anche in materiale plastico (c.d. “pergotenda”), a condizione che:

  • l’opera principale sia costituita, appunto, dalla “tenda quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata a una migliore fruizione dello spazio esterno;
  • la struttura rappresenti un mero elemento accessorio rispetto alla tenda, necessario al sostegno e all’estensione della stessa;
  • gli elementi di copertura e di chiusura (la “tenda”) siano non soltanto facilmente amovibili ma anche completamente retraibili, in materiale plastico o in tessuto, comunque privi di elementi di fissità, stabilità e permanenza tali da creare uno spazio chiuso, stabilmente configurato che possa alterare la sagoma ed il prospetto dell’edificio “principale” (Cons. di Stato, sez. IV, 1 luglio 2019, n. 4472; sez. VI, 3 aprile 2019, n. 2206; sez. VI, 9 luglio 2018, n. 4177; sez. VI, 25 dicembre 2017, n. 306; sez. VI, 27 aprile 2016. n. 1619).

In altri termini, per aversi una “pergotenda” e non già una “tettoia”, è necessario che l’eventuale copertura in materiale plastico sia completamente retrattile, ovvero “impacchettabile”, così da escludere la realizzazione di nuovo volume (su tale punto, cfr. Cons. di Stato n. 3393/2021, n. 840/2021).

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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