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Non esiste normativa nazionale per correzione di evidenti errori di rappresentazione nelle precedenti pratiche edilizie, salvo norme regionali e buon senso P.A.

Esiste una serie di possibili discordanze dagli elaborati grafici facenti parti dello Stato Legittimo che possono rimanere fuori dalle tolleranze, ovvero gli errori materiali grafici.

Tuttavia l’errore materiale di tipo grafico deve trovare dei confini logici e pratici, cioè la sua evidenza oggettiva in relazione alla mancata esecuzione delle relative opere edilizie.

Partiamo da un esempio semplice e frequente quando si svolgono accessi agli atti a vecchie autorizzazioni, licenze e concessioni edilizie: nella licenza edilizia del 1971 la quotatura tra due pareti portanti era corrispondente a quella misurabile oggi, mentre la stessa risultava leggermente diversa e sbagliata nella concessione edilizia del 1989; evidentemente il Tecnico che ha rilevato la stanza in seguito ha sbagliato.

Il fatto è che la quotatura prevale sulle misure ricavabili in scala dagli elaborati grafici.

La normativa nazionale non fornisce strumenti specifici per la correzione “retroattiva” di elaborati grafici affetti da evidenti errori materiali o errori grafici, dovendo piuttosto attenerci all’operatività delle tolleranze edilizie. E a volte, al buon senso degli istruttori che operano nella P.A. Ed è per questo che si possono manifestare casi di “abusi edilizi per errata rappresentazione grafica” del passato.

Infatti sulla rettifica di elaborati grafici relative a istanze di condono edilizio si è formata una corposa prassi di buon senso logico, conosciuta anche in giurisprudenza, perchè trattasi di normativa speciale e autonoma rispetto al regime ordinario (oggi DPR 380/01).

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Tra errore grafico e tolleranza edilizia

Quando invece si rientra nell’ambito del regime edilizio ordinario DPR 380/01, la disposizione più “vicina” alla problematica resta quella su tolleranze edilizie e Stato Legittimo, interconnesse tra di loro.

Il criterio applicativo delle tolleranze edilizie prevede la permanenza di una difformità rispetto a quanto risultante dallo Stato Legittimo, entro i limiti di tolleranze edilizie primarie e secondarie (commi 1 e 2 articolo 34-bis DPR 380/01).

TOLLERANZE EDILIZIE: elenco articoli

In altre parole: la difformità c’è, ma non costituisce violazione edilizia e viene tollerata entro certi margini (ai soli fini edilizi, restando esclusi gli altri aspetti settoriali come Paesaggistica, antisismica, eccetera). In tutti i restanti casi, le discordanze tra stato di fatto e Stato Legittimo fuori tolleranza rientrano nell’ampia categoria di violazione edilizia, diversificata in base alla tipologia ed entità secondo DPR 380/01.

Alcune norme regionali hanno affrontato la questione integrando la propria definizione di Stato Legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare.

Lo ha fatto la Toscana con L.R. 65/2014 proprio nell’articolo 198 sulle tolleranze di costruzione dedicando appositamente il comma 2, che si aggiunge ai commi su tolleranze primarie del 2% e quelle esecutive:

Fermo restando quanto disposto al comma 1, non sono da considerarsi violazioni edilizie rispetto a quanto previsto nel titolo abilitativo gli errori materiali di rappresentazione contenuti nel progetto edilizio e gli errori materiali di progetto eventualmente corretti in cantiere.

Diciamo che è condivisibile in linea di principio, sottolineando che rimane parte di una norma regionale (e se ciò rientri nelle competenze di legislazione concorrente), e che richiederà valutazioni puntuali di tipo discrezionale.

Il nodo irrisolto delle piante tipo di licenze e concessioni edilizie

Alcuni decenni fa, i disegni grafici utilizzati per le pratiche urbanistiche erano semplificati e schematici.

Per verificare l’effettiva consistenza di un edificio e, soprattutto, la sua legittimità, oggi si devono esaminare pratiche edilizie datate contenenti elaborati grafici di quel tipo. Analizzando i disegni progettuali, le planimetrie e i documenti allegati in esse, si rimane sorpresi dal fatto che, all’epoca, fosse relativamente semplice costruire qualsiasi tipo di edificio.

Era normale depositare presso l’ente comunale una pianta e una sezione “tipo” al fine di ottenere la licenza edilizia, vale a dire un unico schema di rappresentazione valido per tutti i piani della costruzione, dalle quali era perfino normale discostarsi.

Era normale che l’edificio venisse completato senza depositare quella che oggi viene chiamata “variante finale” ovvero l’ultima rappresentazione grafica relativa alla conclusione dei lavori, in quanto non esisteva nessuna procedura amministrativa in tal senso prima della L. 10/77.

Oltre alla prassi della “pianta tipo”, esisteva un certo standard “minimale” nella rappresentazione grafica degli elaborati: gli elementi figurativi e geometrici degli edifici venivano rappresentati in modo semplificato e talvolta riduttivo, omettendo ad esempio quotature e destinazione d’uso dei vani. Ma ce ne sarebbero tante da raccontare…

Va anche detto che esistono esempi di pratiche edilizie realizzate da professionisti altamente preparati, che rappresentano autentici capolavori considerando che lavoravano con strumenti come tecnigrafo e l’eliocopiatrici.

Tali strumenti e tecniche ci appaiano assai superati, in quanto la nostra attuale prospettiva contemporanea è circondata dai rilievi laser scanner 3D, BIM e molte altre tecnologie.

Quando oggi si effettuano ricerche e verifiche siamo costretti a confrontare tali disegni grafici secondo le norme e modalità attuali rendendo difficile ogni valutazione comparativa dello Stato Legittimo imposto dagli articoli 9-bis e 34-bis DPR 380/01.

Infatti, non è possibile confrontare due metodi di rappresentazione distanti circa cinquant’anni, soprattutto per quanto riguarda la ricerca di una legittimazione urbanistica in conformità alle norme attuali.

Di queste criticità dovranno tenere conto coloro che operano alla stesura del nuovo testo unico delle costruzioni, in riforma del vigente DPR 380/01.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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