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Fotovoltaico a terra

Autorizzazione paesaggistica, diniego e valutazione devono esaminare tutti gli interessi pubblici coinvolti, oltre al privato.

Piano piano sta cambiando l’inquadramento del fotovoltaico in ambito paesaggistico, spinto anche dalla rinnovata apertura e maggior favore ad installare fonti di energia rinnovabili

E questa stagione è stata ribadita dai recenti provvedimenti di liberalizzazione e semplificazione verso il fotovoltaico sugli edifici, già esaminati in alcuni precedenti articoli:

Ma andiamo avanti sulle altre novità emerse dalla giurisprudenza amministrativa, che sta revisionando il ruolo dei pannelli solari su edifici sottoposti a vincolo paesaggistico.

Si assiste ad una specie di apertura e favore nel considerare i pannelli fotovoltaici come normali elementi da installare su edifici, stante la loro diffusione e l’interesse nazionale alla transizione energetica.

Infatti a quanto pare non è più sufficiente rigettare le autorizzazioni paesaggistica sulla base della pura incompatibilità paesaggistica “estetica”, piuttosto si rende necessaria una valutazione più ampia di tutti gli interessi in gioco. Si sta consolidando la concezione che tali impianti siano ormai normali e non più come elementi innovativi di disturbo.

E tra gli interessi in gioco si è aggiunto il fabbisogno energetico nazionale, divenuto dal 2022 pienamente prioritario.

In questa direzione va la recente sentenza del TAR Toscana, che esamino nei prossimi paragrafi.

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Paesaggio ed esigenze energetiche, quale prevalenza

Il TAR Toscana con sentenza n. 222/2023 ha confermato con la predetta sentenza che il rifiuto di concedere l’autorizzazione paesaggistica, anche se parziale, deve essere giustificato in modo adeguato, esponendo le ragioni specifiche per cui si ritiene che un’opera non sia adatta ad essere inserita nell’ambiente circostante. Sulla necessità di motivazione adeguata di incompatibilità fotovoltaica/paesaggistica ho commentato anche la sentenza TAR Brescia n. 358/2022.

Tale giustificazione deve essere basata sull’analisi delle caratteristiche concrete dell’opera e sull’individuazione dettagliata degli elementi di contrasto e incompatibilità con il vincolo paesaggistico, quale bene oggetto di protezione. In particolare, le ragioni del diniego devono essere puntuali e analitiche se l’autorizzazione richiesta riguarda la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, per i quali l’ordinamento esprime un chiaro favore.

L’articolo 12 del decreto legislativo n. 387/2003 qualifica di pubblica utilità le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, mentre l’articolo 11 del decreto legislativo n. 28/2011 stabilisce l’obbligo di integrare le fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, come già previsto dall’articolo 4, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001.

La valutazione richiesta per la tutela del vincolo paesaggistico non può, quindi, essere limitata all’ordinaria contrapposizione tra interesse pubblico e interesse privato; caso mai deve invece considerare tutti gli interessi pubblici coinvolti e favorire la soluzione che consente, se possibile, la realizzazione dell’intervento con il minor sacrificio dell’interesse paesaggistico, nella sua accezione puramente estetica.

In questo senso si era già espresso anche il Consiglio di Stato con sentenze n. 3696/2020, n. 3207/2018, n. 1201/2016).

Valutazione discrezionale tecnica e paesaggistica, difficile equilibrio

Davvero complesso orientarsi in questo tipo di valutazioni, proprio perchè gli interessi in gioco sono molti ovvero:

  1. tutela paesaggistica (interesse pubblico)
  2. fabbisogno energetico nazionale (interesse pubblico)
  3. fabbisogno energetico del richiedente (interesse privato).

Generalmente sto assistendo sempre più a valutazioni di autorizzazioni paesaggistiche favorevoli, che cercano di mitigare il disturbo innovativo apportato dai pannelli solari in certi ambiti tutelati. Ho visto valutazioni discrezionali tecniche che concedono l’installazione dei pannelli solari, condizionati a prescrizioni che oscillano dalla posa obbligatoria integrata nelle falde di copertura, all’installazione di colore “rosso tegola” e perfino posa a terra nel resede. Si cerca una specie di bilanciamento che faccia salvare capra e cavoli, tra cittadino e P.A.

Effettivamente è un vero dilemma per tutte le parti in gioco: gli enti pubblici preposti a tutelare questi vincoli paesaggistici sono nella posizione di dover accettare il fotovoltaico come normale tecnica “assorbita”.

Vorrei aggiungere che l’innovazione tecnologica e le esigenze primarie cambiano nel giro di pochissimo tempo, basta una crisi energetica repentina e gli strumenti di pianificazione paesaggistica si rivelano sorpassati (o da sorpassare).

Le esigenze di tutelare caratteristiche materiche tipiche dei luoghi, coni e visuali prospettiche recedono a fronte delle nuove priorità energetiche.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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