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Edifici strada prospettiva

Diniego titolo edilizio è giustificato per opera contraria alla normativa urbanistico-edilizia, sia per illegittimità integrale o parziale dell’edificio

Interessante da segnalare la posizione confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 3006/2023, segnalatami dall’Ing. M. Federici.

Ci sono alcuni principi che meritano evidenza in quanto avvalorano le indicazioni che suggerisco da anni:

  1. Gli accertamenti della conformità dello Stato Legittimo dell’immobile vanno estesi anche a tutte le norme di settore aventi incidenza urbanistico edilizia, quali l’antisismica e barriere architettoniche;
  2. Il diniego di ogni titolo edilizio è giustificato sia dalla contrarietà dell’intervento alla normativa urbanistico-edilizia, sia dalla circostanza che l’immobile sul quale deve eseguirsi l’intervento non sia in tutto o in parte legittimo
  3. Il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica deve tener conto dei soli profili paesaggistici ed ambientali, non potendo (più) verificarsi in quella sede anche il cd. “stato legittimo” dell’immobile (su questo punto anticipo di non essere d’accordo)

Direi principi importanti, che potrebbero rivelarsi dirompenti al punto di “scardinare” sul profilo sostanziale (e non solo) molte pratiche edilizie presentate finora, compreso anche le CILAS.

Stato Legittimo, definizione uniforme nazionale

La definizione normativa è contenuta nell’art. 9-bis del DPR 380/2001, ed è stata introdotta col D.L. 76/2020. Lo stato legittimo dell’immobile è quello corrispondente ai contenuti dei rispettivi titoli abilitativi, relativi non solo all’originaria edificazione, ma anche alle sue successive vicende trasformative (Consiglio di Stato n. 7621/2022).

Per quanto riguarda i criteri di determinazione dello Stato legittimo dell’immobile, essi rappresentano un principio fondamentale della materia, che richiede una disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale. Di conseguenza non sono ammissibili deroghe o integrazioni di ambito regionali che si pongono in contrasto al predetto principio fondamentale.

La previsione statale prevista dall’articolo 9-bis comma 1-bis DPR 380/01 ha lo scopo di individuare la documentazione idonea ad attestare lo “stato legittimo dell’immobile”, definendo i tratti di un paradigma le cui funzioni sono quelle di semplificare l’azione amministrativa nel settore edilizio, di agevolare i controlli pubblici sulla regolarità dell’attività edilizio-urbanistica e di assicurare la certezza nella circolazione dei diritti su beni immobili precisando che il contenuto prescrittivo di ampio respiro e le finalità generali perseguite dalla norma depongono a favore della sua qualifica in termini di principio fondamentale della materia, ciò che trova conferma nella sua stessa collocazione topografica nell’ambito delle “Disposizioni generali” del Titolo II della Parte I t.u. edilizia, dedicato ai “Titoli abilitativi” (Corte Costituzionale n. 217/2022).

Conformità, condizione di efficacia e rilascio titoli edilizi

Il rilascio di un titolo edilizio :

  1. richiede la verifica della conformità dell’intervento alla normativa urbanistico-edilizia disciplinante l’edificazione nell’area di intervento e l’esatta rappresentazione dello stato di fatto, così da rendere possibile il confronto tra le preesistenze e l’opera risultante dall’esecuzione del progetto.
  2. presuppone anche una verifica della legittimità urbanistico-edilizia delle preesistenze.

Questo criterio, oltre a rispondere a esigenze di carattere logico-giuridico, è chiaramente implicito nel testo dell’articolo 9-bis comma 1 DPR n. 380/2001: è infatti evidente che, in difetto di verifica di legittimità delle preesistenze, il rilascio di un nuovo titolo edilizio o paesaggistica potrebbe essere erroneamente inteso come una sorta di sanatoria di eventuali difformità esistenti e non accertate.

Quindi il diniego (o dichiarazione di inefficacia) del titolo edilizio può essere giustificato sia dalla contrarietà dell’intervento alla normativa urbanistico-edilizia, sia dalla circostanza che l’immobile sul quale deve eseguirsi l’intervento non sia in tutto o in parte legittimo

Ciò va inteso nel senso che il suo stato attuale non trova riscontro nei titoli edilizi sulla base dei quali è stato realizzato e/o modificato nel corso del tempo (Consiglio di Stato n. 3006/2023).

Già in passato si era consolidato il principio per cui gli interventi su immobili già realizzati, debbano avere come indefettibile presupposto il carattere non illegittimo di detti immobili (Cons. di Stato n. 1413/2014).

Stato Legittimo per ogni normativa di settore

Quanti “stati legittimi” dovremmo scandagliare sull’immobile? Molti, ovvero per tutte le norme che hanno incidenza urbanistico edilizia.

Il tenore testuale dell’art. 9-bis, commi 1 e 1-bis del d.P.R. n. 380/2001 prevede che l’accertamento dello Stato Legittimo dell’immobile sul quale debbano essere autorizzati lavori valga per il rilascio di tutti i titoli ai fini urbanistici ed edilizi riferiti al medesimo Testo Unico Edilizia, compresi quelli relativi alla normative tecniche e di settore di cui alla parte II del medesimo T.U.E, fra cui quelli concernenti la disciplina antisismica, sul conglomerato cementizio, sulle barriere architettoniche, ecc. (Consiglio di Stato n. 3006/2023).

Pertanto, sia il Professionista abilitato che il Comune devono verificare non solo le autorizzazioni/titoli edilizi precedenti presso l’archivio comunale, ma anche i progetti, autorizzazioni e deposito presenti presso l’ex Genio Civile.

Per cui nel caso della normativa tecnica, si renderà necessario ricostruire ad esempio:

  • Stato Legittimo strutturale
  • Stato Legittimo energetico
  • Stato Legittimi impiantistico
  • Stato Legittimo acustico
  • Stato Legittimo vincolo idrogeologico
  • Stato Legittimo vincoli vari.
  • eccetera.

Praticamente, si tratta di fare il famoso Fascicolo di fabbricato tanto desiderato e inattuabile (per ora).

La paesaggistica esclusa da Stato Legittimo (consigliato farla)

Tuttavia, tra queste normative tecniche e settoriali non vi rientra l’autorizzazione paesaggistica: infatti il consolidato orientamento ritiene che si debba tener conto dei soli profili paesaggistici ed ambientali non potendo (più) verificarsi in quella sede anche il cd. “stato legittimo” dell’immobile (Consiglio di Stato n. 3006/2023, n. 1489/2023, n. 3170/2020).

La motivazione di questa esclusione proviene da:

  • lettura testuale della definizione di Stato Legittimo ex articolo 9-bis TUE;
  • col passaggio al Regolamento Autorizzazione paesaggistica semplificato DPR 31/2017 (rispetto al DPR 139/2010), nell’articolo 2 non è più richiesta l’attestazione di conformità del progetto alla disciplina urbanistica ed edilizia;

Da questa modifica normativa deriva la necessità per l’autorità procedente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, di valutare specificamente l’incidenza dell’intervento progettato dal richiedente sul paesaggio in senso lato, e non gli aspetti attinenti alla regolarità urbanistica ed edilizia dell’opera, stante l’autonomia strutturale e funzionale del titolo paesaggistico rispetto a quelli implicanti l’accertamento della legittimità urbanistico-edilizia del medesimo progetto (Cons. di Stato n. 3006/2023, n. 3446/2022, n. 1436/2016, n. 4234/2013, n. 8260/2010).

La medesima autonomia dei profili paesaggistici dagli aspetti urbanistico-edilizi si riscontra nel “diritto vivente” della giurisprudenza costituzionale e penale (della Cassazione), secondo il quale i reati in materia edilizia e paesaggistica si riferiscono alla tutela di interessi pubblici e beni giuridici distinti, con tutte le conseguenze in tema di concorso dei reati, cause di estinzione dei reato, e via discorrendo (cfr. Corte cost. n. 439 del 2007, n. 378 del 2007, n. 144 del 2007, Cass. pen., sez. III, 22 marzo 2013, n. 13783; Cass. SS.UU. 28 novembre 2001).

E se il Consiglio di Stato ha riconosciuto un valore pienamente autonomo del profilo paesaggistico regolato dal D.Lgs. 42/2004 (cioè la parte III del Codice), il discorso automaticamente vale anche per la Parte II dei Beni culturali.

Consiglio di verificare ugualmente lo Stato Legittimo paesaggistico e beni culturali

Però io vi consiglio di verificare ugualmente lo Stato Legittimo anche del profilo paesaggistico: il fatto che il Consiglio di Stato abbia preso questa posizione tesa a “sganciare” il rapporto tra Stato Legittimo ex art. 9-bis TUE e D.Lgs. 42/2004 non significa che “l’ultima autorizzazione paesaggistica” comporti un colpo di spugna su tutte le irregolarità preesistenti.

A maggior ragione, se il Codice D.Lgs. 42/2004 non prevede (ancora) espressamente lo Stato Legittimo paesaggistico / beni culturali, consiglio comunque di fare lo stesso queste verifiche per questi validi motivi, così come andavano comunque fatte prima del D.L. 76/2020:

  1. ogni porzione dell’immobile deve risultare rispondente e autorizzato, onde evitare future demolizioni o sanatorie, sempre che siano ammissibili;
  2. le sanatorie paesaggistiche e beni culturali sono complesse, e riguardano illeciti edilizi penalmente rilevanti, duplicando la loro rilevanza illegittima anche in ambito edilizio
  3. il professionista abilitato oltre a non farci una bella figura (perchè avresti dovuto verificarlo per buon senso), si espone a rischio risarcimento danno per mancata diligenza qualificata

Quindi ripeto: anche se la norma ad oggi non lo prevede, è il caso di verificare lo Stato Legittimo anche verso i profili paesaggistici e beni culturali.

Comportatevi come se il Fascicolo di fabbricato fosse già legge

Se accettate un consiglio, direi che il cambiamento epocale sulla conformità urbanistica e rispondenza edilizia degli immobili ormai è un dato di fatto e di diritto.

La strada ormai è tracciata: gli immobili possono essere trasformati e compravenduti soltanto se “puliti” e conformi verso tutte le normative aventi incidenza urbanistico edilizia, e verso ogni disciplina attinente.

Questo discorso valeva anche prima del D.L. 76/2020, con cui il legislatore ha messo per iscritto la definizione di Stato Legittimo, ma vi ricordo che tale definizione era già stata coniata nelle aule giudiziarie.

Anzi, devo dire che molto spesso le modifiche normative urbanistico-edilizie vengono prima scritte dal Consiglio di Stato e Cassazione, e poi inserite nel quadro normativo.

In altre parole, soprattutto i Tecnici, bisogna usare il Buon Senso, che non si istituisce per decreto.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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