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Il Consiglio di Stato qualifica l’inerzia sulla SCIA come silenzio inadempimento, al quale bisogna fare ricorso al TAR per concludere il procedimento

La SCIA in sanatoria dell’art. 37 c.4 DPR 380/01 è un procedimento amministrativo che consente di regolarizzare alcuni illeciti edilizi di minore entità rispetto agli abusi edilizi sanabili col più alto Accertamento di conformità art. 36 TUE.

In altri precedenti articoli ho affrontato il tema del possibile silenzio serbato al deposito della SCIA in sanatoria da parte dell’Amministrazione, in particolare sull’ultimo atto che concluderebbe davvero il procedimento: la quantificazione della sanzione pecuniaria.

FOCUS: Cosa è una SCIA IN SANATORIA.

Tra i vari presupposti fondamentali per usare questa procedura, vi è la doppia conformità alla disciplina urbanistico edilizia vigente sia al momento del deposito che all’epoca dell’abuso.

Tuttavia ci sono dei casi in cui la P.A. rimane inerte, anche successivamente al deposito di richiesta integrazioni, per quantificare con provvedimento espresso la sanzione pecuniaria (e aggiungo pure gli oneri di urbanizzazione).

In altre parole stiamo parlando del caso in cui manca davvero l’ultimo step per il nostro committente che vuole regolarizzare l’immobile con questa procedura: il pagamento della sanzione definita dalla P.A.

A togliere i dubbi e fornire indicazioni su come comportarsi ci pensa la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 1708/2023, segnalatami dal collega Ing. M. Federici che ringrazio.

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Calcolo sanzione pecuniaria come atto conclusivo favorevole della SCIA in sanatoria

La SCIA in sanatoria è disciplinata dal comma 4 articolo 37 DPR 380/01, quale procedura per regolarizzare gli illeciti edilizi minori, ed è condizionata al rispetto della doppia conformità (vedi dettagli).

Inoltre deve rispettare tutti gli altri presupposti e requisiti di legge, al pari delle normali SCIA:

  • completezza formale
  • completezza sostanziale (elaborati, rappresentazioni, documenti, ecc)
  • veridicità
  • ecc.

Nel caso di rispetto dei vari presupposti, il predetto comma 4 prevede un passaggio finale che porta a conclamare il buon esito dell’iter, consistente nella quantificazione della sanzione pecuniaria variabile da 516 a 5.164 euro, stabilita dall’Amministrazione comunale dopo aver ricevuto la valutazione dagli uffici catastali:

4. Ove l’intervento realizzato risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda, il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possono ottenere la sanatoria dell’intervento versando la somma, non superiore a 5.164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’agenzia del territorio.

In pratica il conteggio della sanzione pecuniaria è relazionato e proporzionato all’aumento di valore dell’immobile, rispetto al valore di partenza, rientrando nell’ambito del valore di trasformazione conosciuto nell’Estimo.

[ VIDEO ] Il silenzio inadempimento e mancato provvedimento non producono effetto della SCIA in sanatoria, pertanto occorre fare ricorso al TAR.

Silenzio dopo deposito SCIA in sanatoria, come si qualifica

Ammettiamo che, anche dopo l’avvenuta presentazione delle integrazioni richieste dal Comune, non vi siano più alcun riscontro da parte dell’Ufficio Tecnico, e rimane in silenzio dopo mesi nonostante i vari solleciti scritti e verbali.

Cosa comporta quella inerzia del Comune rispetto alla SCIA in sanatoria, ritenuta astrattamente completa sotto un profilo formale, fino a prova contraria?

Non configura silenzio assenso, tanto per cominciare.

L’art. 19 legge n. 241/1990 esclude l’effetto del silenzio configurante uno specifico ed autonomo provvedimento di assenso verso un atto privato idoneo ad abilitare sul piano formale lo svolgimento dell’attività.

La sussistenza di un potere inibitorio è incompatibile con ogni valenza provvedimentale della SCIA in quanto esso non potrebbe certo essere esercitato in presenza di un atto amministrativo se non previa la sua rimozione.

Il riconoscimento di un potere amministrativo di divieto, da esercitare a valle della presentazione della SCIA e senza necessità della rimozione di quest’ultima, dimostra, in definitiva, l’insussistenza di un atto di esercizio privato del potere amministrativo e l’adesione ad un modello di liberalizzazione temperata che sostituisce l’assenso preventivo con il controllo successivo.

Rammento che esiste un orientamento che ritiene il silenzio della P.A. sulla SCIA come silenzio assenso (TAR Campania n. 809/2022), ma consiglio di concludere la lettura del post.

Silenzio rifiuto analogo all’Accertamento di conformità art. 36 TUE ?

L’accertamento di conformità di cui all’art. 36 comma 3 D.P.R. n. 380/2001 prevede che in caso inerzia, a seguito della presentazione della domanda, è la stessa norma che qualifica espressamente come diniego l’eventuale silenzio dell’amministrazione oltre i sessanta giorni.

Al contrario, l’art. 37 D.P.R. n. 380/2001 nulla dispone sul punto.

In assenza di un chiaro dato normativo, la giurisprudenza ha adottato due orientamenti diversi.

Il primo qualifica tale inerzia per la SCIA in sanatoria art. 37 come silenzio rigetto, per analogia delle procedure (T.A.R. Milano, Sez. I, 21.3.2017, n.676; TAR Campania, Sez. III, 18.5.2020, n.1824; T.A.R. Campania, Sez. II, 10.6.2019, n. 3146).

Tuttavia proprio di recente il Consiglio di Stato ha chiarito di aderire ad diverso orientamento che mi sento di condividere, ovvero che l’inerzia si qualifica come silenzio-inadempimento, sgombrando i due precedenti orientamenti di silenzio-assenso e silenzio-rigetto.

Silenzio inadempimento, nuovo orientamento condiviso dal Consiglio di Stato

La sentenza del Consiglio di Stato n. 1708/2023 convalida la tesi più accreditata sul significato del silenzio conseguente al deposito della SCIA in sanatoria: il silenzio-inadempimento.

Esso stabilisce che il procedimento può ritenersi favorevolmente concluso per il privato solo allorquando vi sia un provvedimento espresso dell’amministrazione procedente, pena la sussistenza di un’ipotesi di silenzio inadempimento.

Innanzitutto l’art. 37 c.4 DPR 380/01 non prevede esplicitamente un’ipotesi di silenzio significativo come nel precedente articolo 36, ma al contrario stabilisce che il procedimento si chiuda con un provvedimento espresso, con applicazione e relativa quantificazione della sanzione pecuniaria a cura del responsabile del procedimento.

Dalla lettura della norma emerge che la definizione della procedura di sanatoria non può prescindere dall’intervento del responsabile del procedimento competente a determinare, in caso di esito favorevole, la somma dovuta (sanzione pecuniaria) sulla base della valutazione dell’aumento di valore dell’immobile compiuta dall’Agenzia del Territorio (Catasto).

Allo stesso tempo la soluzione appare più conforme alla ratio della sanatoria di opere abusive già realizzate, che necessita di una valutazione espressa dell’amministrazione sulla sussistenza della doppia conformità, rispetto al regime di opere ancora da realizzare alle quali si attaglia la disciplina ordinaria della S.C.I.A., come metodo di semplificazione del regime abilitativo edilizio.

Ne deriva che il Comune deve pronunciarsi, con un provvedimento espresso, sulla SCIA in sanatoria, previa verifica dei relativi presupposti di natura urbanistico-edilizia di cui al citato art. 37 D.P.R. n. 380/2001 (vedi anche TAR Lazio n. 3851/2020; T.A.R. Campania, Napoli n. 2755/2019; n. 2233/2019).

Una volta presentata la SCIA in sanatoria, completa con o senza integrazioni, il soggetto richiedente non deve fare altri adempimenti e deve attendere l’esito della:

  • valutazione dell’Amministrazione sulla pratica circa il rispetto dei presupposti per la sanatoria;
  • oppure l’esercizio dei poteri inibitori o repressivi, qualora sia accertata la carenza dei presupposti;

In difetto di ciò, deve applicarsi il principio secondo cui in pendenza di un’istanza volta alla sanatoria di abusi edilizi si determina la temporanea inefficacia ed ineseguibilità dell’ordinanza di demolizione, fino all’adozione di un provvedimento, espresso o tacito, sulla predetta istanza. Si rimane in una specie di “limbo” senza risposte e certezze sulla pratica edilizia (e non va bene).

In pendenza della procedura di sanatoria non può neanche essere eseguito l’ordine di demolizione, che resta sospeso, né a maggior ragione può disporsi l’acquisizione dell’opera abusiva; quest’utima potrà essere disposta solo nell’eventualità del rigetto dell’istanza, senza necessità dell’adozione di una nuova ordinanza di demolizione.

Quanto alle ragioni di inidoneità della SCIA per incompletezza o per assenza dei presupposti sostanziali per la sanatoria, devono esser vagliate dall’Amministrazione, e per essa eventualmente dal Commissario ad acta, con una espressa pronuncia sul punto e non possono essere fatti valere direttamente in sede di giudizio di opposizione.

Conclusioni e consigli

La presentazione della SCIA in sanatoria non sempre viene seguita da tempestiva determinazione della somma da versare a titolo di sanzione pecuniaria, pertanto in prima battuta si potrà sollecitare anche verbalmente o per iscritto il competente ufficio tecnico comunale.

Certamente, il prolungato silenzio della P.A. potrà essere affrontato soltanto con ricorso in sede di giustizia amministrativa contro il silenzio inadempimento, affinchè sia sollecitata “severamente” l’azione a concludere il procedimento.

Oppure toccherà al legislatore mettere mano anche su questo punto.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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