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La definizione prevista dal DPR 380/01 ammette qualunque documento probante, quali autorizzazioni commerciali e altri provvedimenti formali

La ricostruzione documentale e amministrativo dello Stato Legittimo degli immobili risalenti è materia complessa, e in certi casi ci si deve trasformare in novelli “Indiana Jones” negli archivi comunali per trovare uno straccio di prova per dimostrare una consistenza immobiliare ad una certa epoca.

In tal senso il legislatore ha introdotto la definizione di Stato Legittimo nel comma 1 art. 9-bis DPR 380/01 (tramite DL 76/2020); in particolare al secondo periodo sono indicate le alternative da seguire quando i titoli edilizi sono:

Ciò significa che sono da prendere in esame anche documenti capaci di dimostrare consistenza e preesistenze dell’edificio prima di una certa data, ne abbiamo già parlato sul blog ad esempio con le cartoline d’epoca viaggiate.

La dimostrazione della conformità urbanistico edilizia può diventare complessa anche per accertare la destinazione d’uso funzionale, proprio perchè sussiste il rinvio espresso nell’art. 23-ter DPR 380/01. Per individuare la destinazione funzionale dell’unità immobiliare occorre consultare i titoli abilitativi e altri documenti probanti la legittimità urbanistica.

C’è stato anche chi ha vinto un ricorso al TAR utilizzando la prova di datazione dei materiali da costruzione col radio carbonio-14. Si ricorda invece che le prove testimoniali non sono ammesse per attestare lo Stato Legittimo.

Ho trovato molto interessante il post pubblicato da Legislazione Tecnica, a commento della sentenza di Consiglio di Stato n. 10670/2022, che ha confermato la possibilità di dimostrare la destinazione d’uso legittima esibendo vecchie licenze commerciali-sanitarie.

Tra l’altro è utile riscontrare che la documentazione catastale potrebbe indurci in errore, perchè avente finalità fiscale e pertanto con classificazioni incongrue da quelle urbanistiche, vediamo la fattispecie.

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L’utilità dei documenti probanti o atti amministrativi pubblici con provenienza dimostrata

Un attività commerciale ha presentato una Segnalazione Certificata di Agibilità nel 2021 al termine di una ristrutturazione edilizia effettuata con permesso di costruire.

Nel 2020 l’ufficio comunale S.U.A.P. ha chiuso l’istruttoria, ritenendo formatosi il silenzio-assenso sull’istanza (rammento però che la S.C.A. è una SCIA, pertanto non è tecnicamente corretto parlare di Silenzio assenso nelle SCIA).

Nel 2022 il comune ha disposto l’annullamento in autotutela della Segnalazione Certificata Agibilità sul presupposto che l’originaria destinazione d’uso (e legittima) dell’immobile non potesse essere commerciale, bensì di deposito. Tale contestazione è stata motivata in quanto immobile realizzato anteriormente al 1 settembre 1967 (L. 765/67), e con destinazione desumibile dall’accatastamento in categoria C/2, in assenza di titoli abilitativi.

Oltre a colpire la S.C.A., il Comune ha disposto il divieto di proseguzione di tale attività.

(Ti rammento che l’obbligo di licenza edilizia poteva essere già vigente in base ai regolamenti edilizi anteriori al 1 settembre 1967 (L. 765/67) sia all’entrata in vigore della L. 1150/42.

Il soggetto interessato nel ricorso ha fatto presente che l’immobile, ancorchè realizzato ante 1967, la destinazione d’uso legittima (art. 23-ter TUE) sia quella desumibile dallo Stato Legittimo (art. 9-bis c.1-bis TUE).

E appunto, per gli immobili e interventi realizzati in epoca in cui non c’era obbligo di acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo Stato Legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

[ LEGGI ANCHE: DOSSIER IMMOBILI ANTE ’67 ]

Nella difesa, il soggetto ricorrente ha dimostrato la destinazione d’uso legittimata grazie all’esibizione di altri documenti con valenza probante, ovvero:

  • licenza di commercio al minuto rilasciata dal Comune nel 1949
  • autorizzazione di abitabilità rilasciata dal Comune nel 1955
  • licenza per esercizio del commercio di vendità al pubblico rilasciata dal Comune nel 1967
  • autorizzazione al commercio al minuto in sede fissa del 1973

Il Consiglio di Stato nell’accogliere in riforma il ricorso, ha ritenuto che tali titoli autorizzativi commerciali rappresentano senza dubbio “documenti probanti” la destinazione commerciale dell’immobile in parola, ai sensi del combinato disposto degli articoli 23-ter, comma 2, e 9-bis, comma 1-bis, del D.P.R. n. 380/2001, rispetto alla quale la classificazione catastale, che notoriamente rileva primariamente a fini fiscali, riveste carattere recessivo e sussidiario, come tale utilizzabile in mancanza di documenti probanti, quale previsione di chiusura del sistema.

Sempre il Consiglio di Stato non ha concordato con le conclusioni del TAR, che escludevano questi provvedimenti amministrativi e autorizzativi commerciali, in quanto trattasi di titoli essenzialmente non afferenti all’ambito urbanistico edilizio.

Inoltre, contrariamente a quanto opinato dal T.a.r., il Consiglio di Stato ha concluso che la fonte primaria del DPR 380/01 non riconosce rilevanza probatoria soltanto ai “titoli afferenti all’ambito urbanistico-edilizio” al fine di dimostrare la destinazione d’uso dell’immobile.

Al contrario, la definizione di Stato Legittimo si riferisce genericamente ai “documenti probanti” e, in via esemplificativa, anche agli atti amministrativi sopra citati per comprovare la destinazione d’uso in essere.

Tra i documenti probanti lo Stato Legittimo devono essere sicuramente annoverati i certificati amministrativi in quanto documenti pubblici, nella specie attestanti il legittimo esercizio dell’attività commerciale presso l’immobile in questione, valendo tali documenti pubblici, di provenienza certa e non contestata, a dimostrare, quali indizi gravi, precisi e concordanti la destinazione commerciale dell’immobile.

Pertanto è stata confermata il valore probante lo Stato Legittimo di vecchie licenze commerciali e sanitarie dei tempi andati.

E’ consigliato andare anche oltre le indicazioni ricavabili dagli atti catastali, perchè in questo caso assumono un valore residuale e recessivo rispetto ai provvedimenti e titoli edilizi rilasciato dalla P.A., ancorchè divergenti.

Art. 9-bis c.1-bis DPR 380/01

Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unita’ immobiliare e’ quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unita’ immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo e’ quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unita’ immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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