Anche gli interventi CILA-S sono soggetti al rispetto dello Stato Legittimo, pertanto niente immobili abusivi
Il titolo edilizio è sempre riferito ad uno specifico intervento, e deve risultare conforme alla disciplina e normativa urbanistica
Il nostro ordinamento urbanistico edilizio prevede diversi titoli abilitativi edilizi, differenziati in base al procedimento amministrativo che ammette la loro validità e alla categoria di intervento.
In prima battuta li vorrei articolare come segue:
- Permesso di costruire: titolo abilitativo vero e proprio perchè rilasciato dalla P.A.
- SCIA e SCIA alternativa al PdC: titolo abilitativo “improprio” e a formazione tacita progressiva
- CILA e CILAS: titolo edilizio comunicativo, anche se altri autori non concordano.
Preferisco annoverarli nell’ambito dei titoli “differenziati” tra loro perchè ricompresi nel “Titolo II – titoli abilitativi” del DPR 380/01.
Ma il punto che interessa affrontare riguarda la loro validità posteriore al loro rilascio o deposito.
Un titolo edilizio è divenuto valido, fin quanto si può considerare e presumere tale?
Il nostro ordinamento in materia urbanistica abbraccia diverse norme sui procedimenti amministrativi, tra cui il Testo Unico Edilizia DPR 380/01 e L. 241/90.
Certamente, la presunzione di legittimità che assiste il provvedimento amministrativo nel momento in cui esso è adottato risponde a canoni costituzionali di certezza del diritto, stabilità dei rapporti, effettività del potere siccome funzionalizzato al perseguimento dell’interesse pubblico.
Lo stesso criterio si può estendere anche alla Segnalazione Certificata Inizio Attività (SCIA), il quale consente l’attività edilizia sulla base dei (tanti) presupposti e rispetto di conformità alla disciplina urbanistico edilizia.
In linea di massima si può estendere anche a favore della CILA, sottolineando che questa “procedura” presenta molte più debolezze e vulnerabilità rispetto ai “ripari” concessi alla SCIA.
Il titolo edilizio è sempre riferito a uno specifico progetto o intervento; ragion per cui, una volta riscontrata la conformità dello stesso alla normativa urbanistica, il suo rilascio ne attesta la conformità, senza che possa predicarsi una sorta di invalidità sopravvenuta del titolo medesimo ovvero il suo successivo annullamento implicito in autotutela.
Così conformato l’esercizio del potere urbanistico, il titolo entra nell’ordinamento giuridico assistito dalla presunzione di legittimità, che ne attesta la validità fino alla sua rimozione dall’ordinamento medesimo mediante i tipici strumenti previsti dal sistema, ovvero l’annullamento in via giudiziaria, giustiziale, in autotutela espressa oppure, nei soli casi consentiti, straordinaria da parte dell’autorità competente (Cons. di Stato n. 9664/2022).
Il principio di presunzione legittimità del titolo va inteso come regola generale, e questo è importante sopratutto nei contenziosi in ambito civilistico.
Facendo un esempio, se un compratore di un immobile intende portare in giudizio il venditore per opere compiute con titolo edilizio ritenuto inefficace o invalido, farebbe bene a far sollevare l’inefficacia o chiedere annullamento nelle sedi opportune.
E’ chiaro che dipende molto dai casi specifici e dalle scelte difensive adottate; per cui resta fermo il principio per cui il titolo edilizio è valido fino a prova contraria, cioè con annullamento o inefficacia.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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