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Troppo spesso sono utilizzate come spazi abitabili, pur non avendo gli opportuni requisiti di legge.

Il termine taverna fa venire in mente le attività di ristorazione o locande di livello medio-basso del passato, spesso situate nei piani bassi degli edifici, cioè seminterrati o interrati.
Diciamo pure spazi più “nascosti” rispetto agli altri.

Oggi il termine di taverna ha assunto un significato diverso e abusato nel settore immobiliare, cioè di locale abitabile dotato di impianti e destinato a vari scopi misti, variabili e congiunti tra:

  • soggiorno e/o pranzo, con eventuale spazio cucina;
  • spazi per cene o pranzi con amici e parenti;
  • lavanderie, ripostiglio e cantine
  • svolgimento hobby
  • studio e attività ricreativa
  • lavorativa occasionale
  • e similari;

Spesso si possono individuare con le seguenti caratteristiche ricorrenti:

  1. funzione di abitabilità, cioè l’utilizzo in condizioni di comfort, finiture e impianti tali da garantire la permanenza umana in qualsiasi momento. Per questo si devono intendere come locali dotati di tutti i normali requisiti igienico sanitari previsti per l’abitabilità e agibilità degli immobili.
  2. collocazione, generalmente ai piani seminterrati, interrati ma anche al piano terra;
  3. requisiti tecnici, cioè altezze interne e aeroilluminazione ridotte rispetto a quelle minime previste normalmente per i locali abitabili (altezza 2,70 metri, ecc).
  4. pertinenzialità, in quanto utilizzati come spazi complementari ad abitazioni, collegate direttamente o meno a queste.

La loro utilizzazione è caratterizzata dalla permanenza umana, anche potenziale, e per questo non rientrano nella categoria di locali accessori, vani tecnici o spazi non rilevanti ai fini urbanistici.

In altre parole: attribuire il termine di taverna a vani virtualmente accessori non è la strada corretta per aggirare regole e condizioni previste dalla normativa nazionale, regionale e dai regolamenti edilizi comunali. In molti casi è un trucchetto per vendere a caro prezzo una porzione di immobile, spacciandolo per un locale abitativo.

Esistono pertanto due tipologie di taverne: regolari o abusive.

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Due tipologie di locale taverna

In base alla loro regolarità sotto il profilo edilizio e urbanistico, possiamo suddividerle in due categorie:

Infatti non sono locali e spazi vietati a priori, piuttosto bisogna inquadrarli in base alle loro caratteristiche tecniche e alla legittimazione coi vari titoli abilitativi edilizi.

TAVERNE REGOLARI (urbanisticamente parlando)

Intanto la definizione di taverna non risulta contemplata nel Regolamento Edilizio Tipo nazionale, cioè nelle definizioni uniformate nel relativo Allegato A.
Chiaramente quanto sopra è al netto delle varie declinazioni recepite dalle Regioni, e di eventuali menzioni in quale regolamento edilizio comunale.

La loro realizzazione avviene nel rispetto dei requisiti minimi di abitabilità previsti dalla disciplina urbanistico edilizia (tutta), in particolare dei requisiti normalmente previsti per i tipici locali destinati a permanenza umana (cucina, soggiorno, camera).

Si tratta di quindi destinare a questi scopi una porzione di edificio, qualificabile in superficie e volumetria lorda, cioè da conteggiare nel calcolo di cubature, indici e parametri urbanistici.

Il criterio generale di ciò proviene dall’arcinoto D.M. 5 luglio 1975 in materia di requisiti igienico-sanitari abitativi: esso prescrive requisiti minimi per locali abitabili, e poche eccezioni per specifici locali accessori indicati. Ecco perchè difficilmente troveremo indicato nei progetti e pratiche edilizie i locali taverna con altezze interne di 2,70 metri: sarebbe uno spreco di spazio sottratto a stanze “vere”.

Per questo in molti preferiscono passare alle taverne abusive, del prossimo paragrafo.

Sul punto relativo alle altezze interne minime e relative deroghe sui locali seminterrati, faccio presente un apposito approfondimento riguardante la bocciatura in sede costituzionale dell’altezza minima di 2,40 m di una norma regionale.

TAVERNE ABUSIVE

In molti per superare i limiti e divieti provvedono a costruire locali autorizzati come “accessori” in base alla normativa nazionale, regionale e regolamentazione locale, per essere utilizzate diversamente.

Significa che questi vani risultano formalmente legittimati come accessori, cioè non destinati alla permanenza umana oppure saltuaria, come locali cantine, garage, lavanderie e simili.

In verità questi spazi vengono adibiti alla diversa funzione di taverna, intensificando l’utilizzazione abitativa (anche potenziale) senza però rispettare i requisiti minimi previsti normalmente per i locali “veramente” abitabili.

Ed ecco che si può configurare il cambio di destinazione d’uso in maniera abusiva, anche senza contestuali opere edilizie; volendo potremmo parlare di solo cambio d’uso pur rimanendo nella categoria funzionale residenziale, ma risulterebbe comunque avvenuto in contrasto a normative e regolamentazione edilizia, configurando anche reato edilizio (art. 44 DPR 380/01) e quindi sanzionabile penalmente.

Conclusioni e consigli

Consapevole di ripetermi, invito i soggetti interessati ad essere consapevoli che i vani adibiti a taverna potrebbero non risultare legittimi e tanto meno sanabili nei confronti di norme e regolamenti vari. Ergo non possono avere un valore immobiliare simile ai vani ordinari come camere, cucine e soggiorni.

Pur essendo un trucchetto diffuso, è importante sapere che le taverne risultano praticamente spazi ad uso soggiorno a tutti gli effetti, qualcuno ci passa perfino buona parte del proprio tempo tenendo inutilizzata la “cucina buona” al piano superiore.

Ed urbanisticamente può diventare un problema.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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