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Quando gli elaborati grafici delle varianti finali riportano aggiunte a mano posteriori al rilascio

Era una prassi molto diffusa nei decenni passati: sto parlando di quelle “varianti” in corso d’opera o finali che capitano sottomano svolgendo accesso agli atti, inserita a matita o lapis nei progetti già conclusi.

A dire il vero era una prassi radicata e anche tollerata/accettata dalla P.A., visto che veniva applicata in sede di sopralluogo e rilascio dell’allora certificato di Abitabilità da parte del Comune.

Col sopralluogo dell’ufficiale sanitario o istruttore delegato si procedeva a fare un rapido riscontro tra la costruzione realizzata e i relativi progetti approvati con licenza o concessione edilizia. Veniva svolta una verifica di conformità urbanistico edilizia del manufatto legittimato coi relativi titoli.

Da questa analisi comparativa potevano emergere tutte le discordanze, irregolarità e perfino abusi edilizi rispetto a quanto già autorizzato nei relativi progetti.

Però erano “bei tempi semplici”, per cui in sede di sopralluogo ed istruttoria del rilascio dell’Abitabilità la prassi comportamentale ammetteva la “regolarizzazione” delle discordanze disegnando a lapis o matita le modifiche sui progetti rilasciati.

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Svolgendo accesso agli atti su queste pratiche diventa difficile capire se tali modifiche siano state apportate dal Direttore Lavori o dal funzionario competente. A volte di queste discordanze ne viene data esplicita menzione nel verbale di nulla osta al rilascio dell’Abitabilità, a firma dell’ufficiale sanitario o soggetto delegato.

Inoltre queste irregolarità venivano puntualmente inserite nel primo accatastamento dell’immobile, considerandole di fatto e per prassi applicativa la variante finale “as built” relative a licenze e concessioni edilizie.

Questa prassi andò lentamente ad esaurirsi negli Anno ’80, quando la normativa iniziò a regolamentare meglio anche le varianti in corso d’opera (dopo la L. 10/1977).

Il fatto che nelle planimetrie originarie siano riportate a matita una serie di correzioni aggiunte all’elaborato grafico non prova che ciò corrisponda ad un assenso o ad un titolo edilizio validato ed autorizzato dall’amministrazione comunale ((TAR Piemonte n. 80/2022).

Ciò significa che si pone il problema di legittimazione delle opere quando troviamo elaborati progettuali “aggiustati” con disegni a lapis/matita contenuti in vecchie licenze edilizie, concessioni e altri titoli edilizi del passato. E si pone sopratutto quando queste correzioni risultano avvenute in presenza di:

Per approfondire il rapporto intercorrente tra Abitabilità, Agibilità e sanatoria edilizia, rinvio a questi articoli.

Sanatoria vecchi abusi edilizi

Questo tipo di prassi veniva pratica nei decenni passati, per cui non c’è da stupirsi se la riscontriamo anche per discordanze edilizie di vecchia data.

Purtroppo al momento non esiste nella nostra normativa uno strumento o procedura in grado di regolarizzare queste discordanze inserite a matita nei tempi andati sui progetti edilizi.

Parlando di questa problematica con colleghi e istruttori, qualcuno mi ha fatto giustamente notare che ammettendo questo comportamento come “sanatoria indiretta”, il giorno dopo in moltissimi si presenterebbero con lapis e matita a correggere le irregolarità leggere. Situazioni di finestre e porte mancanti, piccole discordanze in pianta, e comunque illeciti leggeri verrebbero risolte a colpi di matita nottetempo.

E’ anche vero che questo tipo di modeste discordanze, probabilmente ininfluenti o non incidenti sui carichi urbanistici (o interesse pubblico collettivo), meriterebbero un colpo di chiusura definitivo. Intendo sostenere la necessità di strumenti e procedure più equilibrate e concrete per risolvere questo tipo di discordanze.

La mia soluzione per risolvere questo tipo di problema l’ho già pubblicata col soprannome di “Giubileo dell’urbanistica“, di cui ritengo sia ampiamente venuto il momento di attuarlo.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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