La giurisprudenza ha elaborato principi utili per quantificare il contributo di costruzione
Occorre valutare se l’innalzamento di colmo e pendenza di copertura possa comportare aumento di volume e superficie
In era dei Bonus edilizi si tende a privilegiare la ristrutturazione di certe parti degli edifici, prime tra tutti la copertura per finalità di risparmio energetico sia per miglioramento antisismico.
Ma anche senza bonus, quando si pianificano e realizzano interventi al tetto dell’edificio si valuta la possibilità di migliorare le altezze interne dello spazio sottostante, tra cui il sottotetto, mansarda e soffitta:
- alzando la quota di appoggio del tetto in gronda, anche con cordoli;
- aumentando la pendenza del tetto
- alzando la quota del colmo, cioè la parte più alta.
Esistono diverse combinazioni di questi tre elementi in funzione della tipologia edilizia di partenza, e dei risultati che si vogliono e che si possono ottenere. Si coglie infatti l’occasione di ottenere un discreto vantaggio a fronte di un costo aggiuntivo sostenibile.
Anche in questo caso è necessario ripetere come un mantra quanto detto nei miei post: occorre sempre valutare e verificare la normativa nazionale, regionale e di settore, nonchè gli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi comunali. Infatti la possibilità concreta per effettuare questo tipo di interventi è sempre riservata all’intera disciplina e regolamentazione, edificio per edificio.
La possibilità di variare la sagoma della copertura (tetto) dell’edificio, sopratutto quando comporta incremento di volumetria, va ad incidere anche sul rispetto delle distanze legali e minime dalle costruzioni, dai confini e dalle strade.
Voglio precisare che in certi casi, anche un semplice modesto rialzo delle falde di copertura può configurare sopraelevazione, e pertanto costituire nuova costruzione ai fini urbanistici ma anche civilistici.
Esistono anche le eccezioni alla regola, cioè l’esclusione dal conteggio dei volumi, distanze e altezze i maggior spessori causati dalla posa di isolanti termici, come dettagliato in questo approfondimento sul blog.
Inquadramento urbanistico delle modifiche della copertura
Ai fini urbanistici occorre chiarire se la modifica della copertura possa inquadrarsi in regime di sopraelevazione, intesa come ampliamento in verticale all’esterno della sagoma esistente. Ad oggi è necessario verificare se ciò comporta variazione volumetrica e di sagoma in base a:
- normativa nazionale, in primis il DPR 380/01
- normative regionali, sopratutto quelle sul Governo del Territorio
- Regolamento Edilizio Tipo nazionale, e i vari recepimenti regionali.
- norme di settore (es. antisismica, paesaggistica, beni culturali, risparmio energetico, ecc)
- regolamenti edilizi e piani regolatori comunali;
- eccetera;
Premesso che i profili urbanistici dell’intervento edilizio vanno considerati disgiunti dai profili civilistici o privatistici, il primo passo da fare sarà quello di inquadrare le modifiche delle falde di coperture (inclinazioni e quote) nella corretta categoria di intervento.
In altre parole sarà necessario distinguere se vi siano:
- modifiche volumetriche, sopratutto di incremento;
- modifiche di sagoma (occhio sopratutto ai vincoli)
- gli aspetti strutturali e antisismici
- Ecc.
Pertanto in base alla categoria di intervento definita, si sceglierà di conseguenza la relativa procedura amministrativa edilizia. In maniera riduttiva, posso soltanto accennare che con le modifiche di volumetriche e di sagoma, è da vedere se si possa rientrare nella:
- SCIA ordinaria (in pochissimi casi e con modestissime modifiche)
- SCIA alternativa al Permesso di Costruire
- Permesso di Costruire.
Segnalo inoltre che alcune regioni consentono questi interventi di una certa entità contenuta nei casi di recupero abitativo dei sottotetti esistenti, concedendo lievi rialzamenti (traslazione) del tetto, o rotazione delle falde per ricavare maggior volume a parita di altezza della gronda.
Per le distanze legali e tra edifici il profilo è diverso
ARGOMENTO: DISTANZE TRA EDIFICI
Vorrei aprire il discorso riportando alcuni passaggi estratti da sentenze di Cassazione, anticipando che il volume di sottotetto, inteso come camera d’aria compresa tra tetto e soffitto, non si può inquadrare come “volume tecnico” per evitarne il conteggio nella volumetria.
Infatti la nozione di volume tecnico non computabile nella volumetria della costruzione si applica soltanto all’opera edilizia priva di alcuna autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinata a contenere impianti serventi – quali quelli connessi alla condotta idrica, termica o all’ascensore – di una costruzione principale per esigenze tecnico funzionali dell’abitazione e che non possono essere ubicati nella stessa (Cass.Civ. n. 14883/2022, n. 20886/2012; n. 30708/2018).
In materia di distanze legali tra edifici, la modificazione del tetto di un fabbricato integra sopraelevazione (e quindi nuova costruzione) soltanto se essa produce un aumento della superficie esterna e della volumetria dei piani sottostanti, così incidendo sulla struttura e sul modo di essere della copertura (Cass.Civ. n. 14883/2022, n. 14932/2008, n. 20786/2006).
Ci tengo infatti a ricordare che l’applicazione della distanza minima dei dieci metri tra costruzioni, prevista dall’art. 9 DM 1444/68, si applica in base alla configurazione di nuova costruzione o ristrutturazione edilizia, in questo articolo c’è un approfondimento consigliato.
Purtroppo devo anche segnalare che anche la sopraelevazione, anche se di modeste dimensioni, comporta un aumento di volumetria e della superficie di ingombro e pertanto va considerata a tutti gli effetti come nuova costruzione, anche per la disciplina delle distanze (Cass. Civ. n. 4009/2022, n. 15732/2018, n. 11049/2016).
Su questo punto devo far notare che molto dipenderà dallo specifico intervento, dalle modalità di calcolo della volumetria ante opera e post opera, e sopratutto dalle conseguenze nelle altezze interne del sottotetto ai fini funzionali.
Conclusioni e consigli utili
Difficile dare una regola generale e assoluta per distinguere le modifiche della copertura tra nuova costruzione o intervento rientrante in ristrutturazione edilizia, il tema è assai dibattuto e non ancora definito nel DPR 380/01, anche per inquadrarla nella cosidetta ristrutturazione “pesante”.
In generale è assai probabile che si configuri un vero e proprio ampliamento in verticale, cioè una sopraelevazione, soggetta anche al rispetto delle distanze legali. Occorrerà far valutare dal Tecnico assieme al Comune, se in via residuale una modestissima modifica delle falde di copertura possa rimanere ancora nella ristrutturazione edilizia “normale”.
Di sicuro non configura manutenzione straordinaria nè restauro e risanamento conservativo, di questo possiamo starne certi.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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