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La corretta qualificazione dell’intervento edilizio è collegata all’efficacia del titolo abilitativo

Oggi andiamo a fare accesso agli atti negli archivi comunali, per cercare vecchie pratiche edilizie. Spesso ci imbattiamo nella Denuncia Inizio Attività (D.I.A.), una procedura andata definitivamente in pensione col D.Lgs. 222/2016 “Decreto SCIA 2”.

Tale procedura era simile a quella dell’attuale Segnalazione Certificata Inizio Attività (SCIA), cioè consisteva in una pratica con cui il privato cittadino comunicava alla Pubblica Amministrazione la volontà di effettuare a breve termine un intervento edilizio (trenta giorni). Il Comune aveva il potere/dovere di fare istruttoria, verificarne la conformità agli strumenti urbanistici, alle norme e alle diverse discipline, nonchè la verifica di tutti gli aspetti previsti dalla normativa.

Oggi, dicevo, andiamo a fare gli accessi agli atti e ci troviamo spesso questo tipo di pratica edilizia; la D.I.A. era una pratica con cui era possibile fare interventi edilizi di diverso tipo, compreso un certo grado di ristrutturazione edilizia. In questo senso le normative regionali hanno spesso provveduto a limitarne o espanderne l’ambito di applicazione.

Col tempo alcuni difetti applicativi hanno reso necessario rivedere l’istituto della Denuncia di inizio attività, per farlo “affiancare” in un primo tempo dalla SCIA, infine per farlo sostituire definitivamente.

La DIA e la SCIA hanno molte differenze ma anche molte cose in comune: la validità ed efficacia è condizionata al rispetto di molte normative, procedure e altro.

Per la DIA (e verosimilmente la SCIA) la condizione essenziale di efficacia era la conformità dell’intervento edilizio alla discipline aventi incidenza urbanistico edilizia.

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In altre parole, l’intervento edilizio oggetto di comunicazione unilaterale dal cittadino doveva essere pienamente rispondente a tutta la matassa di normative.

Tra questi aspetti vi rientrava la corretta qualificazione dell’intervento edilizio, cioè che tale intervento rientrasse (davvero) nell’ambito della Denuncia Inizio Attività.

Nel caso in cui l’intervento, comunicato con DIA, rientrasse invece in quelli soggetti a Permesso di Costruire, si configura ugualmente illecito edilizio.

Premessa: la fattispecie trattata riguarda un caso scaturito in epoca anteriore alle riforme Madia 2015/2016.

Non c’è alcun “ombrello” di decorrenza dei leggendari diciotto mesi.

Più precisamente: in questi casi la decorrenza dei termini per avviare le azioni di verifica sull’attività segnalata dal privato con denuncia non esauriva i poteri sanzionatori.

La decorrenza dei termini per agire anche in annullamento in autotutela non avviene mai se la DIA non ha acquisito piena efficacia. E tra le condizioni che fanno scattare la piena efficacia vi rientra la corretta qualificazione dell’intervento.

Denunciare un intervento con DIA, ancorché soggetto a Permesso, può comportare illecito compiuto in assenza di PdC.

La Cassazione ha già avuto modo di affermare che in materia edilizia, l’inutile scadenza del termine di legge per contestare all’interessato la carenza dei presupposti e dei requisiti per seguire la disciplina procedimentale della denunzia di inizio attività non configura un provvedimento implicito di silenzio-assenso.

In tal senso resta immutato il potere-dovere del Comune e dell’autorità giudiziaria di intervenire sul piano sanzionatorio nel caso in cui le opere realizzate a seguito della presentazione della D.I.A. risultino invece sottoposte alla disciplina del permesso di costruire (Cass. Pen. 13148/2020, n. 10740/2014).

Per dirla con parole più semplici occorre dire che non sempre scattano quei meccanismi che limitano l’azione repressiva/sanzionatoria della P.A. dopo un certo termine temporale.

Tra questi casi vi rientra le opere denunciate con DIA, tuttavia rientranti in Permesso di Costruire: infatti l’intervento risulta:

  • privo di idoneo titolo edilizio “più rilevante”, cioè Permesso di Costruire;
  • ben conosciuto dalla P.A. tramite gli elaborati e documenti contenuti nella DIA inefficace.

La DIA (e verosimilmente la SCIA) mantengono efficacia se e solo se pienamente rispondenti alle norme in materia edilizia, in primis il Testo Unico per l’edilizia D.P.R. 380/01.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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