La mera rappresentazione di abusi edilizi in precedenti titoli abilitativi rilasciati dal Comune non genera alcun legittimo affidamento.
L’indicazione delle ragioni assunte per valutare l’incompatibilità dell’intervento non richiedono specifica motivazione
La presentazione della domanda di condono non garantisce alcuna certezza circa il suo possibile rilascio da parte del Comune.
Come già detto più volte nel blog, la domanda di condono è appunto una domanda, non una risposta.
La risposta, caso mai, dovrà venire dal Comune col rilascio della Concessione edilizia in sanatoria (o autorizzazione edilizia in sanatoria, a seconda della tipologia di intervento ex L. 47/85).
La questione e l’iter di verifica si complica nel momento in cui sono presenti vincoli di tipo paesaggistico, ovvero:
- di notevole interesse pubblico (ex L. 1497/39);
- imposti per legge (ex L. 431/85);
Li chiamiamo oggi “vincoli paesaggistici” alla luce delle modifiche introdotte dal Codice dei Beni Culturali e Paesaggio ex L. 42/2004, ma prima di esso erano codificato anche come vincoli ambientali.
Rispetto agli illeciti edilizi oggetto di condono, questi vincoli possono essere stati istituiti prima o dopo:
- l’esecuzione effettiva delle opere;
- la presentazione della domanda di Condono;
La possibilità di condonare abusi in zone vincolate dipende anche dal tipo di Condono Edilizio (Primo, secondo e terzo).
Partiamo con ordine: il primo condono edilizio è stato quello che ha dato più margini per poter regolarizzare gli abusi.
Il secondo e il terzo provvedimento di sanatoria edilizia straordinaria (Condono), sono stati sempre più restrittivi in questo senso.
Le leggi n. 724/94 e 326/03, rispetto al primo, hanno introdotto limiti sempre più restrittivi sia per tipologie di intervento che per vincoli; infatti il terzo condono prevedeva alcune ipotesi di intervento automaticamente escluso dai benefici del condono qualora fossero compiuti in zone vincolate.
Tutta questa serie di premesse era essenziale per focalizzare meglio il nodo del diniego del Condono edilizio dovuto all’incompatibilità col vincolo.
La condizione necessaria per ottenere il condono edilizio è il rilascio di parere favorevole da parte delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso (Art. 33 comma 1 L. 47/85).
Il rilascio della C.E. in sanatoria quindi è subordinato alla condizione di parere favorevole dell’ente preposto (Somiglia allo stesso meccanismo di efficacia e subordine del Permesso di Costruire nei confronti dell’Autorizzazione paesaggistica).
Una volta richiesto il parere, l’ente preposto può:
- esprimere parere favorevole, e quindi avverare una condizione essenziale per rilasciare il condono
- non esprimere alcun parere oltre centottanta giorni dalla richiesta (Silenzio rifiuto)
- esprimere parere negativo, e quindi determinare il diniego automatico del condono;
Esaminiamo distintamente queste casistiche, escludendo comunque i casi in cui il parere di qualunque tipo sia formulato oltre centottanta giorni.
N. 1: Parere favorevole – art. 32 comma 1 L. 47/85
In questo caso la procedura ha avuto buon esito, l’ente ha rilasciato il parere necessario e richiesto per chiudere positivamente la domanda di condono, cioè ottenere il rilascio del titolo in sanatoria.
N. 2: Silenzio oltre centottanta giorni = rifiuto parere – art. 32 comma 1 L. 47/85).
L’ente preposto alla tutela del vincolo non si è espresso nel termine di centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere.
In questo caso al richiedente non resta che impugnare al TAR il silenzio-rifiuto, nei termini e modi previsti dalla legge. L’obbiettivo è sollecitare ad esprimersi l’ente preposto, il quale potrà emettere parere favorevole o negativo.
N. 3: Parere negativo (art. 32 comma 4 L. 47/85)
L’ente preposto alla tutela del vincolo può legittimamente valutare la non compatibilità dell’abuso edilizio nei confronti dei valori e obbiettivi di tutela imposti dal vincolo.
Infatti il comma 4 dell’art. 33 L. 47/85 dispone chiaramente che:
Il motivato dissenso espresso da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, ivi inclusa la soprintendenza competente, alla tutela del patrimonio storico artistico alla tutela della salute preclude il rilascio del titolo abilitativi edilizio in sanatoria.
Ovviamente è essenziale un adeguata motivazione del dissenso, cioè della incompatibilità col vincolo, e questo aspetto sconfina in un ambito prevalentemente discrezionale, piuttosto che puramente tecnico. Se l’ambito è quello paesaggistico, la cosa può diventare totalmente discrezionale e basata sulla valutazione di compatibilità circa l’aspetto esteriore.
Esistono termini e contenuti minimi per avere un’adeguata motivazione negativa al parere?
Per rispondere anch’io adeguatamente, faccio riferimento alla sentenza del Consiglio di Stato n. 8381/2019, relativa al diniego di un condono edilizio.
Da essa emerge un principio chiarissimo: non esiste un meccanismo automatico di incompatibilità dell’intervento per la sola generica presenza del vincolo, al contrario l’ente preposto deve confermare o escludere la compatibilità dell’opere coi valori tutelati dal vincolo. E per fare ciò, l’adeguata motivazione di compatibilità o meno deve avvenire con puntuali rilevazioni e giudizi.
La motivazione è da ritenersi adeguata quando l’Autorità preposta alla tutela si sia espressa in maniera circostanziata, in grado di consentire la comprensione del processo logico della valutazione e il relativo parere finale.
Il diniego della sanatoria straordinaria (Condono) per abusi edilizi realizzati in zone vincolate è motivato con l’indicazione delle [sole] ragioni assunte a fondamento della valutazione di incompatibilità dell’intervento con le esigenze poste a base del relativo vincolo” (Cons. Stato n. 882/2017).
E’ pur vero che l’Autorità preposta non deve limitarsi a fornire una formula <<stereotipata ed astratta>>, traducendosi in una mera formalità e aggirando il principio di adeguata motivazione.
E ancora tuttavia: è costante giurisprudenza del Consiglio di Stato che il diniego di sanatoria di illeciti effettuati in zone vincolate è da ritenersi sufficientemente motivato indicando le ragioni assunte a fondamento della valutazione di incompatibilità dell’intervento con le esigenze di tutela poste a base del relativo vincolo. Di conseguenza anche una motivazione scarna e sintetica, può essere considerata sufficiente se contiene gli estremi logici dell’incompatibilità (Cons. Stato n. 882/2017).
In definitiva, non esistono confini delineati proprio perchè si opere nell’ambito della discrezionalità. Anche in questo caso occorre il buon senso.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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