Cambiamenti funzionali, sociali e tecnologici hanno svilito gli insediamenti antichi fino al degradoa
La vocazione potenziale è il criterio su cui calcolare l’imposte comunali sulle aree edificabili.
Gli indici edificatori di un area consentono la trasformazione e lo sviluppo di costruzioni, in base alle previsioni degli strumenti urbanistici.
E per strumenti urbanistici, si intendono tutte le possibili declinazioni di Piano Regolatore comunale applicate dalle norme regionali in materia di pianificazione territoriale.
La capacità edificatoria di un area o di un lotto comporta indubbiamente vantaggi economici, proprio perché insiti nel suo valore potenziale, cioè un valore che ancora non si è in tutto o in parte materializzato.
Tanto per capirci, la plus valenza immobiliare o l’aumento di valore, si concretizza con la realizzazione delle costruzioni e cubature ammesse dal P.R.G.
Fino ad allora, il semplice azzonamento del Piano Regolatore conferisce all’area un valore virtuale.
E quando ci sono guadagni, concreti o potenziali, spunta a fare capolino il Fisco. E la potenzialità edificatoria è un oggetto di facile interesse, partiamo ad esempio dall’applicazione delle imposte I.C.I. poi I.M.U.
La potenzialità edificatoria ai fini fiscale non coincide con quella giuridica degli strumenti urbanistici generali o attuativi
Capita spesso che questi valori di aree edificabile, possano essere “astratti”: mi riferisco a quella categoria di aree soggette a particolari previsioni edificatorie, e a particolari condizioni.
Un esempio tipico è l’area soggetta a piano attuativo, uno strumento di pianificazione diretta previsto dallo strumento urbanistico generale (P.R.G).
Tale area non può avviare il suo reale processo di trasformazione, cioè attraverso l’iter di approvazione del piano senza il consenso di tutti i proprietari interessati. In questo caso sui proprietari la pressione fiscale ai fini ICI/IMU vale a prescindere dalla concreta trasformazione compiuta, perché il Fisco usa un concetto di edificabilità diverso da quello urbanistico.
In tema di ICI/IMU, la base imponibile per applicarvi le imposte è desunta dalla qualificazione attribuita dal Piano Regolatore Generale del comune, indipendentemente se adottato o approvato, o dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi (Cass. Civ. V n. 23680/2019).
La base imponibile di un’area fabbricabile può essere espressa mediante indici medi di edificabilità riferiti all’intera area, tenuto conto dei differenti livelli di edificabilità delle parti che compongono l’area stessa (Cass. Civ. n. 8548/2019).
E sempre ai fini fiscali, la determinazione del valore imponibile deve essere ricavata dai parametri applicati nel comune commercio delle aree fabbricabili, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, indice di edificabilità, destinazione d’uso consentite, oneri vari, e ai prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree con analoghe caratteristiche.
Tuttavia ai fini fiscali il concetto è legato anche all’edificabilità “di fatto”, diverso da quello giuridico e dalle previsioni programmatiche di piano.
Le aree edificabili sono soggette alle imposte anche se inserite in una previsione urbanistica programmatica: l’assenza del necessario consenso della maggior parte dei proprietari non è sufficiente per escludere l’applicazione dell’imposta.
Ai fini della valutazione della “edificabilità” di un terreno, infatti, si prescinde anche dalla previsione degli strumenti urbanistici per dare rilevanza soltanto all’aspetto puramente fattuale ed economico, sicché rileva la “mera possibilità edificatoria” del terreno stesso.
La Cassazione Civ. con sentenza n. 4952 del 2/03/2018, ha affermato che “In tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 11-quaterdecies, comma 16 del d.l. n. 203 del 2005, conv. con modif. dalla I. n. 248 del 2005, e dell’art. 36, comma 2, del d.l. n. 223 del 2006, conv. Con modif. dalla I. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma 1, lett. b del d.lgs. n. 504 del 1992, l’edificabilità di un’area, per l’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione urbanistica ad essa attribuita nel P.R.G. adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della regione e dell’adozione di strumenti urbanistici attuativi, tenendo altresì conto che il detto art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1992, prevedendo che un terreno sia considerato edificatorio anche ove esistono possibilità effettive di costruzione, delinea, ai fini fiscali, una nozione di area edificabile ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria“.
A quanto pare, l’applicazione dell’imposta sulle aree fabbricabili è disgiunta dalle effettive (e giuridiche) potenzialità edificatorie dell’area.
Personalmente ritengo che sia un criterio poco aderente alla realtà e lesiva per il cittadino che “disgraziatamente” possiede un area edificabile, in un momento di scarsa richiesta dal mercato.
Torno al vecchio principio fondamentale dell’estimo: un bene vale per quel che rende.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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