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Come scegliere la corretta categoria di intervento senza prendersi denunce per abuso edilizio

Ristrutturare casa o effettuare un intervento più limitato?

Al Testo Unico per l’edilizia nel corso degli anni sono stati apportati diversi cambiamenti.

In particolare sono stati rilevanti quelli relativi alla definizione della categoria di intervento più gettonata d’Italia: la ristrutturazione edilizia.

Il D.P.R. 380/01 in fatto di categorie d’intervento, anche alla luce delle modifiche del D.Lgs. 222/2016 (noto come “SCIA 2”) ha mantenuto in linea di massima la strutturazione delle categorie d’intervento impostata dalla L. 457/78, ovvero:

Questi sono i lineamenti originari introdotti dalla L. 457/78 (norme per edilizia residenziale), un provvedimento finalizzato a disciplinare gli interventi sul patrimonio esistente, emanato immediatamente a valle della legge “Bucalossi” n. 10/1977.

Il Testo Unico per l’edilizia D.P.R. 380/01 ha ricalcato da questo elenco, integrandolo nelle definizioni e aggiornandole in funzione delle modifiche apportate dalle norme. Prima di esso non era neppure contemplato il regime di Edilizia Libera.

Tra le più importanti modifiche normative in materia di categorie di intervento vi rientrano il c.d. “Decreto del Fare” (oggi L. 98/2013), il “Decreto Sblocca Italia” (oggi L. 164/2014), e il D.Lgs. 222/2016.

Lo spartiacque tra Ristrutturazione edilizia e restauro e risanamento conservativo

Il legislatore con le norme ha cercato di demarcare la differenza tra queste due importanti categorie di intervento, e ne avevo già parlato in questo articolo (APPROFONDIMENTO).

Addirittura, con l’entrata in vigore del Testo Unico DPR 380/01 la categoria di ristrutturazione edilizia fu “sdoppiata” in due filoni, quella cosiddetta “pesante” soggetta a Permesso di Costruire, e quella “leggera” soggetta in via residuale a SCIA (e prima ancora a DIA).

Resta il fatto che per ristrutturare casa occorre individuare la corretta categoria d’intervento da un punto di vista amministrativo.

Infatti se è vero che il committente, non addetto ai lavori, qualifica ogni modifica dell’immobile come “ristrutturazione edilizia”, è vero che la Burokrazia invece diversifica in maniera più specifica.

Voglio dirti che la differenza sostanziale è la seguente:

La finalità della ristrutturazione è di trasformare l’organismo edilizio in un altro, il restauro e risanamento conservativo è di rinnovarlo nel rispetto dei suoi elementi essenziali (Cass. Pen. III n. 38611/2019, Cass. Pen. III n. 16048/2006).

Partiamo dal delineare la categoria di Restauro e Risanamento conservativo.

La definizione vigente ad oggi (23 settembre 2019), modificata da varie riforme, è la seguente:

c) “interventi di restauro e di risanamento conservativo”, gli interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio; 

E allora, quali sono gli elementi essenziali che devono essere rispettati, affinché si rimanga nell’ambito del Restauro e Risanamento senza sforare in ristrutturazione?

Essi sono indicati dalle suddette sentenze:

la “qualificazione tipologica” del manufatto preesistente, cioè i caratteri architettonici e funzionali di esso che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie;

gli “elementi formali (disposizione dei volumi, elementi architettonici) che distinguono in modo peculiare il manufatto, configurando l’immagine caratteristica di esso;

gli “elementi strutturali”, cioè quelli che materialmente compongono la struttura dell’organismo edilizio.

Nel complesso un limite superiore da non valicare è ricavabile dalla Cass. Pen. n. 38611/2019 (e Cass. Pen. n. 49221/2014), che hanno statuito che la finalità di conservazione è caratteristica per gli interventi di recupero e risanamento conservativo, sottolineando la necessità che sia inalterata la struttura dell’edificio, sia all’esterno che al suo interno.

Attenzione: l’oggetto della frase è la struttura dell’edificio, dell’organismo edilizio, per cui non è corretto puntare alla sola modifica di prospetto. E ritengo non debba coincidere col concetto di struttura antisismica, piuttosto di struttura in senso edilizio. Oppure di organismo, dirsi voglia.

Al contrario, in presenza di ridistribuzione di volumi esistenti si sconfina senza dubbio nella ristrutturazione edilizia (Cons di Stato n. 4523/2014).

Certamente, a tutto quanto sopra va aggiunto il fatto che il D.Lgs. 222/2016 ha pure scisso in due la categoria di restauro e risanamento, cioè quella cosiddetta “leggera” e “pesante”, dove il reciproco spartiacque è l’interessamento con opere strutturali o meno (APPROFONDIMENTO).

L’elemento che caratterizza la definizione di Restauro e risanamento conservativo è…. l’assenza di innovazione e trasformazione.

Fin dalla prima versione, la categoria di restauro rispetto a quella di ristrutturazione, non può incidere o influenzare in maniera pregnante sull’assetto edilizio preesistente. Per questo fu consentito variazioni d’uso “compatibili” con l’organismo edilizio da conservare (Cass. Pen. III n. 20350/2010).

Anche il cambio di destinazione d’uso entra in gioco nella categoria del restauro, ma il suo ruolo è stato leggermente rivisitato.

Il mutamento di destinazione d’uso era ammesso fin dalla L. 457/78, a condizione che fosse compatibile con gli elementi tipologici formali e strutturali dell’organismo di riferimento. A tale impostazione la L. 96/2017 ha aggiunto l’ulteriore condizione che siano conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi”.

Ristrutturare significa modificare, innovare e cambiare la configurazione dell’organismo edilizio.

Una prima importante premessa riguarda le eventuali modifiche di sagoma e volume che possono essere compiute con l’intervento di ristrutturazione edilizia.

In altre parole, ristrutturare casa significa trasformare l’organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, ed è il principio fondamentale che accompagna ancora oggi la definizione della categoria fin dalla L. 457/78.

Con la ristrutturazione edilizia si compiono diverse opere di cambiamento, e possono ricomprendere il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti.

Ed ecco al passaggio nodale: modifica e inserimento di nuovi elementi ed impianti.

Nella ristrutturazione edilizia queste due possibilità rappresentano la chiave differenziante dell’intervento. E per elementi, possiamo leggervi parole come volumetria, sagoma, unità immobiliare e aperture.

Per maggiore approfondimento sulla Ristrutturazione edilizia voglio condividere con te questi contenuti gratuiti:

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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