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Il più severo regime sanzionatorio si applica per opere compiute in assenza o totale difformità di esse.

Cercherò di essere breve, precisando che la normativa urbanistica presenta spesso alcuni spartiacque rilevanti.

Occorre da subito focalizzare il regime sanzionatorio edilizio riformato dalla L. 47/85 (in buona parte modificato e trasfuso in continuità nel D.P.R. 380/01).

In particolare occorre sottolineare che con L. 47/85 furono istituiti tre tipologie/categorie di illeciti/abusi edilizi per opere compiute in:

La L. 47/85 contiene ancora oggi l’art. 40 che dispone il regime sanzionatorio delle opere abusive realizzate in totale difformità o assenza di licenza o concessione edilizia, se non viene presentata la domanda di Condono edilizio entro il termine prescritto.

E per Condono si intende l’unica procedura straordinaria per regolarizzare abusi anche insanabili e in contrasto al Piano Regolatore (ne parlo in questi video), e l’ultimo risale al 2003.

Ecco l’art. 40 comma 1 L. 47/85 vigente ad oggi:

Se nel termine prescritto non viene presentata la domanda di cui all’articolo 31 per opere abusive realizzate in totale difformità o in assenza della licenza o concessione, ovvero se la domanda presentata, per la rilevanza delle omissioni o delle inesattezze riscontrate, deve ritenersi dolosamente infedele, gli autori di dette opere abusive non sanate sono soggetti alle sanzioni di cui al capo I. Le stesse sanzioni si applicano se, presentata la domanda, non viene effettuata l’oblazione dovuta. In ogni altra diversa ipotesi di abusivismo, la tardiva presentazione della domanda di sanatoria, comunque nel termine massimo di un anno dall’entrata in vigore della presente legge, comporta il pagamento di una somma pari al doppio della oblazione.

Questo articolo va letto in combinato disposto dal Testo Unico per l’Edilizia DPR 380/01, il quale ha ereditato il regime sanzionatorio della L. 47/85.

Irretroattiva al 1985 la sanzione contro le parziali difformità a concessioni e licenze edilizie

Applicando i principi di retroattività e irretroattività previsti dal regime amministrativo vigente, sembra che tali illeciti siano non più perseguibili. Questo va ad incidere anche nei profili di sanatoria edilizia, la procedura di regolarizzazione vigente oggi (ascolta il Podcast audio).

Anche il Consiglio di Stato ha validato la tesi, di cui riporto alcuni riferimenti estratti dalla sentenza del Tar Toscana n. 1164/2018:

In tal senso depone il tenore testuale dell’art. 40 della legge n. 47/1985, che sottopone(va) alle sanzioni previste dal capo I della stessa legge le opere abusive realizzate anteriormente alla sua entrata in vigore e non sanate. La retroattività del nuovo sistema ripristinatorio così introdotto (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2010, n. 7392) riguarda però, al più, le opere “realizzate in totale difformità o in assenza della licenza o concessione” (così l’art. 40 cit.), e non anche quelle eseguite in parziale difformità, per le quali l’art. 12 della legge n. 47/1985 nel caso di impossibilità di procedere alla demolizione prevede(va) – per il futuro – la sanzione pecuniaria pari al doppio del costo di costruzione (sull’irretroattività della sanzione pecuniaria ex art. 12 l. n. 47/1985, fra le altre Cons. Stato, sez. V, 24 ottobre 2013, n. 5158).

Pedissequamente, il già menzionato art. 20-bis del regolamento edilizio di Poggibonsi, al comma 1, stabilisce che “agli interventi in parziale difformità dal titolo abilitante si applicano le sanzioni vigenti al momento in cui l’abuso è stato commesso”. La fonte normativa delle sanzioni va dunque individuata nella legge urbanistica fondamentale n. 1150/1942 nel testo anteriore alle modifiche di cui alla legge n. 765/1967 (è a quest’ultima che si deve per la prima volta l’introduzione di una sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione, pari al valore venale delle opere abusive). In particolare, viene in considerazione l’art. 32 della legge fondamentale, che, per ogni caso di inosservanza della legge, dei regolamenti, delle prescrizioni del piano regolatore comunale e delle modalità esecutive fissate nella licenza di costruzione riconosceva all’amministrazione comunale il potere di disporre – previa diffida e sentito il parere della sezione urbanistica compartimentale – la demolizione delle opere, senza distinguere tra opere eseguite in assenza di titolo, ovvero in difformità totale o parziale dallo stesso.

È un potere discrezionale, che presuppone il vaglio delle condizioni tecniche, ma anche di opportunità, per procedersi alla demolizione. Un vaglio che, a ben vedere, ricorre nelle valutazioni contenute nel provvedimento impugnato circa l’impossibilità di procedere alla demolizione delle opere eseguite in parziale difformità dal titolo del 1950; salvo che, una volta appurata l’impraticabilità della demolizione, nessuna sanzione pecuniaria alternativa avrebbe potuto e dovuto essere applicata dal Comune, in nome del generale principio di legalità che sovrintende al sistema delle sanzioni amministrative (art. 1 della legge n. 689/1981) e che, anche in materia edilizia, impedisce di fare applicazione di una sanzione non vigente all’epoca di commissione dell’illecito (Cons. Stato, sez. V, 20 novembre 2015, n. 5287; id., sez. VI, 4 novembre 2014, n. 5422; id., sez. VI, 5 marzo 2014, n. 1057).

Il Consiglio di Stato conferma il principio di irretroattività del sanzionamento della parziale difformità in altre sentenze, di cui riporto gli estratti:

Cons. Stato n. 5158/2013:

La giurisprudenza di questa Sezione ha invero già da tempo puntualizzato che le sanzioni amministrative comminate dalla l. n. 47/1985 non sono generalmente applicabili con effetto retroattivo e non possono essere perciò irrogate per costruzioni portate a compimento prima dell’entrata in vigore della fonte stessa (Consiglio di Stato, Sezione V, 8 aprile 1991, n. 470).
Pertanto, le sanzioni amministrative previste da detta legge n. 47/1985 non sono irrogabili per le costruzioni completate prima dell’entrata in vigore della legge, dovendosi applicare quelle prescritte dalla normativa vigente all’epoca dell’abuso. E questo vale, in particolare, per la sanzione pecuniaria da infliggere a norma di tale fonte, sanzione applicabile soltanto alle violazioni commesse successivamente all’entrata in vigore di questa, dal momento la relativa disposizione normativa non ha valore retroattivo (Consiglio di Stato, Sezione V, 12 marzo 1992, n. 214).
Tanto, appunto, in virtù del principio generale dell’art. 11 disp. prel. Cod. civ., e stante la mancanza di un’espressa previsione che ne ammetta l’irrogazione anche retroattiva (Consiglio di Stato, Sezione V, 27 settembre 1990, n. 695).
Aggiungasi che la riconosciuta irretroattività delle sanzioni previste dalla l. n. 47/1985 è maggiormente giustificata nel caso di specie, in cui il Comune ha inteso applicarle ad un evento verificatosi circa cinquanta anni prima, in violazione dell’affidamento eccezionalmente ingeneratosi, come in precedenza evidenziato, nella parte intimata e non responsabile dell’abuso accertato nel corso di tale lunghissimo arco di tempo, stante il protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione preposta alla vigilanza, in violazione del fondamentale principio di certezza dei rapporti giuridici.
Oltre che di dette disposizioni sanzionatorie, non è consentita infatti, l’applicazione retroattiva anche delle norme innovative, in assenza di adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e in contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti, tra i quali va inclusa anche la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei destinatari, in quanto principio connaturato allo Stato di diritto (Consiglio Stato, Sezione VI, 23 marzo 2010, n. 1689).

Consiglio di Stato n. 7392/2010

Deve essere, infine, respinto anche l’ultimo motivo di ricorso si censura l’applicazione delle più severe sanzioni di cui alla legge n. 47/1985 anche agli abusi commessi in epoca precedente. E’ sufficiente osservare, per un verso, che l’art. 33 della legge n. 47/1985 è chiara nel sancire l’applicazione, anche agli illeciti perpetrati in epoca anteriore, della nuova disciplina delle sanzioni e che, per altro verso, il principio costituzionale di irretroattività delle sanzioni penali non è estensibile alle disposizioni in materia edilizia che, come nella specie, prevedano sanzioni amministrative di carattere sostanzialmente ripristinatorio (cfr. Consiglio Stato , sez. V, 24 marzo 1998 , n. 345, che esclude che sia configurabile la violazione del principio di irretroattività della legge per fatti commessi prima della sua entrata in vigore, poiché il fatto che consente la demolizione è caratterizzato dall’omessa demolizione di quanto è stato realizzato e dalla attuale incidenza sugli interessi urbanistici).

La Legge Ponte n. 765/67 introduce per prima la sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione, pari al valore venale delle opere abusive.

Qui occorre fare una riflessione traendo spunto dalle sentenze menzionate sopra: essendo sanzioni pecuniarie, ai sensi della L. 689/1981 esse sono soggette a prescrizione quinquennale.

L’art. 1 della legge n. 689/1981 si applica in generale e quindi anche in materia edilizia, impedisce di fare applicazione di una sanzione non vigente all’epoca di commissione dell’illecito (Cons. Stato, sez. V, 20 novembre 2015, n. 5287).

Questo concetto lo avevo già sollevato per le sanzioni pecuniarie relative alle opere soggette al deposito della CILA tardiva, pubblicato in questo articolo.

Detto questo, si può concludere in sintesi che le opere compiute in parziali difformità da concessioni e licenze edilizie prima dell’entrata in vigore della L. 47/85 siano non perseguibili.

E quindi? Di converso vanno considerate legittimate o “protette”.

Viva i diritti acquisiti, urbanisticamente parlando.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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