La Giunta comunale approva i piani attuativi qualora compatibili con lo strumento urbanistico generale vigente, il Consiglio Comunale quando comporta variante ad esso.
Ogni Piano Regolatore detta scelte politiche di sviluppo e assetto del territorio che competono al Comune.
L’aspettativa del cittadino spesso supera le previsioni di sviluppo e contenimento del consumo del suolo, ma a quanto pare è difficile veicolare il messaggio.
Ed ecco che puntualmente si scontrano i due tipici interessi contrapposti, cioè quello privato e pubblico.
Il privato intende spesso “massimizzare” volumetrie e parametri per diversi motivi: fare massima speculazione, adattare destinazioni d’uso alle proprie esigenze o frazionare gli immobili senza alcun limite.
E’ comprensibile il punto di vista del privato: lo scopo è di tradurre in moneta qualsiasi potenziale urbanistico.
Resta il fatto che il privato spesso ragiona in maniera limitata, cioè senza porsi minimamente il problema delle conseguenze a livello collettivo che si verranno a creare.
La prevalente cultura individualista (ed egoista) dell’italiano medio porta ad infischiarsene degli effetti urbanistici provocati sia attorno al lotto privato del cittadino, sia all’intero territorio comunale qualora la scelta fosse moltiplicata per “x” volte.
E chi se ne frega del Piano Regolatore, no ?
Lo strumento urbanistico comunale in Italia è declinato in diversi modi secondo la disciplina regionale.
Appunto, la pianificazione urbanistica è ancora comunemente concepita sulla base di due criteri: zoning e localizzazione.
Lo zoning significa zonizzare, cioè prevedere trasformazioni e destinazioni d’uso per certe aree.
Localizzazione significa individuare nello specifico le aree soggetto allo zoning.
L’approccio combinato di queste due criteri è praticamente ottocentesco, ma un Piano Regolatore, o strumento urbanistico dirsi voglia, non è soltanto questo.
Gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica contemplano urbanizzazione, opere e spazi di interesse collettivo.
E la politica locale ha tra i diversi poteri, appunto, le scelte politiche di sviluppo, assetto e governo del territorio.
Attenzione: sono scelte politiche, e in quanto tali sono scelte con conseguenze sociali ed economiche.
L’Amministrazione Comunale compie scelte politiche tecnicamente assistite
Come tutte le scelte politiche, anche la pianificazione territoriale è figlia di aspetti di natura discrezionale. Quali sono i limiti e margini di questa discrezionalità?
Le scelte dell’Amministrazione nell’adozione dello strumento urbanistico sono connotate da alta discrezionalità e non necessitano di specifica motivazione, essendo sufficiente il richiamo ai criteri tecnici di redazione del piano, se non in presenza di aspettative qualificate e non generiche in capo ai privati (Cons. di Stato IV, 24 aprile 2009 n. 2630).
Se tali scelte politiche sono connotate da un ampio margine di discrezionalità, è anche vero che sono sindacabili solo in presenza di una evidente illogicità (Consiglio di Stato Sez. VI n. 1106 del 18 febbraio 2019).
Inutile sottolineare che la pianificazione del territorio è basata sulla ponderazione tra interesse pubblico e privato, spesso contrapposti dove l’uno porta a comprimere l’altro.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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