Il notaio non verifica l'attestazione di tolleranze, il Comune invece controlla le pratiche edilizie
Ove in corso di causa l’immobile raggiunga sanatoria e caratteristiche necessarie, la risoluzione compravendita non può essere pronunciata.
Al giudice spetta il potere di valutare l’intervenuta regolarizzazione dell’immobile rispetto ad una situazione incerta.
Il caso riguarda una fattispecie discussa nella sentenza di Cassazione Civ. II. n. 11653/2018, relativa ad una domanda di risoluzione per grave inadempimento in merito ad un preliminare di vendita immobiliare.
Al momento del preliminare di vendita il proprietario aveva promesso di vendere garantendo la regolarità edilizia e accatastamento dell’immobile, sul quale invece gravava una domanda di concessione edilizia in sanatoria e risultava sprovvisto di certificato di Agibilità, indicando un termine non essenziale entro il quale svolgere l’atto notarile di compravendita.
Subito dopo la stipula del preliminare di vendita, il promittente acquirente nel domandare al promittente venditore i documenti tecnici per ottenere il finanziamento da una banca, ha scoperto che l’immobile era oggetto di condono edilizio.
Ricevuta questa informazione, il promittente acquirente avvia un ricorso giudiziario per la risoluzione del preliminare per grave inadempimento.
Il termine per la stipula del contratto definitivo di compravendita non ha carattere essenziale.
Il lieve ritardo di pochi mesi nella regolarizzazione edilizia dell’immobile, intervenuta col rilascio della concessione edilizia in sanatoria (e contestuale Agibilità) non costituisce inadempimento grave e rilevante.
A nulla è valsa la tesi della gravità di inadempimento basata sulla lesione degli obblighi di correttezza e buona fede, garantendo la regolarità urbanistica futura sottacendo la reale situazione della procedura di sanatoria, avente per oggetto il cambio di destinazione da abitativa a commerciale.
I rapporti tra le due parti si irrigidiscono e, nonostante l’intervenuto rilascio della concessione edilizia a sanatoria a circa venti giorni dalla data fissata per il rogito, nonchè l’ottenimento dell’agibilità a distanza di poco tempo, il promittente acquirente non intende addivenire alla compravendita definitiva, ribadendo le proprie tesi di grave inadempimento avviando la procedura due mesi dopo il rilascio della concessione edilizia in sanatoria.
La Cassazione si esprime facendo una valutazione d’insieme degli elementi
Sulla risoluzione compravendita immobiliare la mancanza del certificato di agibilità non configura in automatico la risoluzione per inadempimento del preliminare da parte del venditore, dovendo verificare concretamente gravità e importanza dell’omissione in relazione al godimento e commerciabilità del bene immobile (Cass. Civ. II. 11653/2018).
Qualora in corso di causa fosse accertato che l’immobile oggetto di promessa di vendita presenti tutte le caratteristiche necessarie per l’uso promesso e l’avvenuta regolarizzazione delle difformità edilizie, del pagamento di quanto dovuto per il condono e del formarsi del silenzio assenso sulla relativa domanda, la risoluzione non può essere pronunciata (Cass. Civ. n. 13231/2010).
Non è sostenibile la tesi per cui la parte inadempiente non possa più adempiere al contratto definitivo se sopravviene la piena commerciabilità del bene immobile.
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In caso di inadempienza per lieve tardività è consigliato negoziare una revisione dei termini di accordo in funzione degli eventuali danni e disagi arrecati.
Secondo la Cassazione Civile a sezioni unite n. 5086/1997 «In caso di inadempimento di una delle parti di un contratto a prestazioni sinallagmatiche per essere inutilmente decorso il previsto termine non essenziale, l’altra parte, che non abbia ancora proposto domanda giudiziale di risoluzione del contratto, può non di meno rifiutare legittimamente l’adempimento tardivo quando – tenuto conto della non scarsa importanza dell’inadempimento in relazione alle posizioni delle parti, suscettibile di verifica ad opera del giudice – sia venuto meno l’interesse della parte non inadempiente a che il contratto abbia esecuzione e pertanto può, anche dopo l’offerta di adempimento tardivo, agire in giudizio per la risoluzione del vincolo contrattuale».
In sostanza, qualora il termine di adempimento non sia indicato come essenziale, il giudice può valutare se l’inadempimento possa essere considerato grave.
Motivo per cui la valutazione di un’azione legale per risoluzione per inadempimento dovrà essere effettuata con attenzione, sopratutto se esistono termini di imminente avveramento delle condizioni promesse nel preliminare di vendita.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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