Cambiamenti funzionali, sociali e tecnologici hanno svilito gli insediamenti antichi fino al degradoa
Le città italiane da mezzo secolo crescono con gli Standard, un quadro analitico per valutarne l’adeguatezza
Andrea Pantaleo mi ha proposto di girare un video sugli Standard urbanistici, invitando anche l’Avv. Fabio Squassoni.
L’idea mi è piaciuta molto proprio perchè il tema è sentito e ancora nevralgico, ed è accettato volentieri.
Nel blog di Andrea il tema degli standard urbanistici è stato trattato più volte in maniera approfondita, e rinvio ad esso per maggiori informazioni.
Nel video che abbiamo girato assieme abbiamo toccato molti punti fondamentale come zoning, dinamiche di crescita urbana e prospettive sulle dotazioni territoriali come prossimo stadio evolutivo degli Standard urbanistici previsti dal D.M. 1444/68.
Nella versione concentrata del video si sono toccati tre punti sostanziali, la versione integrale è pubblicata nel canale di Andrea.
A quanto pare a breve l’Italia ha soffiato cinquanta candeline al D.M. 1444/68, il famigerato decreto attuativo della Legge ponte n. 765/67.
Si tratta del decreto che con poche righe, apportò una serie di innovazioni, le più note agli operatori sono gli standard urbanistici, le zone territoriali omogenee e infine la famosa distanza minima tra costruzioni pari a 10 metri.
Non c’è molto da festeggiare, se non il fatto di avere una norma che introduceva alcune soglie minime perentorie, forse sufficienti per la società italiana dell’epoca, ma assai superate per quella attuale.
Facendo una valutazione comparativa tra quella norma e i giorni nostri, non si può fare a meno di sottolineare che sono cambiate molte cose nell’ambito della pianificazione territoriale, a partire dal ruolo preponderante delle regioni in questo ambito e della mancanza di un disegno nazionale.
C’è poco da festeggiare perchè al cinquantennio di questo decreto “sovietico”, temi come rigenerazione urbana e consumo del suolo rimangano ancora latitanti sul panorama nazionale.
Manca perfino una cabina di regia, dove urbanistica ed edilizia sono tralasciate in una zona a competenza mista di diversi ministeri. E si sa, troppi cuochi guastan la cucina.
Al contrario è divenuto indispensabile avere una disciplina urbanistica e di governo del territorio rapida e facilmente modellabile in relazione ai cambiamenti sociali, sempre più acceleranti.
Si continua ad usare gli standard urbanistici, lo si è costretti in quanto da anni si parla di dotazioni territoriali: per queste finora l’unico risultato raggiunto dal legislatore è il semplice inserimento nel recente Regolamento Edilizio Tipo, seppur in versione assai blanda e generalista.
Il D.M. 1444/68 fu formulato scarno, ma diciamocelo: meglio questo che niente.
La sua stesura è frutto di quel minimo sindacale negoziato tra i relativi stakeholders, raggiunto a quanto pare coi limiti e ostacoli posti in quel contesto, e anche in base al tipico livello di coraggio del legislatore italiano: forte coi deboli, e debole coi forti.
Spingendomi oltre, il D.M. 1444/68 risulta essere frutto di quanto la politica riuscì a partorire in ossequio dei conflitti di interesse e questioni morali allora vigenti. Ieri, come oggi.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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