Ordinanza di demolizione emessa e istanza di sanatoria presentata entro i termini previsti
Il proprietario estraneo all’abuso o che abbia cercato di impedirlo può essere dispensato.
Gli abusi edilizi gravi in caso di permanenza vanno incontro a misure repressive finalizzate al ripristino della legalità.
E in questi casi inizia la procedura che porta ad emettere l’ordinanza di demolizione, la successiva verificata inottemperanza all’ordine di demolizione, e infine, la conseguente automatica acquisizione gratuita al patrimonio disponibile del Comune, fatte salve le opportune verifiche.
La procedura è espressamente indicata negli artt. 27 e seguenti del Testo Unico per l’Edilizia DPR 380/01, e riguarda essenzialmente gli abusi edilizi “gravi”, quelli cioè compiuti in assenza di permesso di costruire, in sua totale difformità o con variazioni essenziali come dispone l’art. 31 del TUE.
Essendo una misura repressiva di natura automatica, non necessita di avviso di inizio o avvio del procedimento (Consiglio di Stato Sez. VI n.3795 del 28 luglio 2017,C.d.S., sez. V, 21 aprile 2014, n. 2194).
Sono esposti a questo particolare regime anche gli interventi compiuti di cui all’art. 23 comma 1 del TUE, cioè quelli assentibili con la SCIA alternativa al Permesso di Costruire (Super-Scia).
Restano invece esclusi da questi regime assai severo e repressivo gli interventi compiuti in assenza o difformità le opere rientranti nel più mite ambito di edilizia “minore”, quelli cioè soggetti alla SCIA ordinaria (diversa dalla Scia alternativa al Permesso di costruire), nonchè quelli soggetti al Comunicazione Inizio Lavori Asseverata.
L’opera acquisita dovrà essere demolita mediante ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare non sia dichiarata l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico.
Per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilità, l’acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull’osservanza del vincolo. Tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell’abuso. Nella ipotesi di concorso dei vincoli, l’acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune.
L’acquisizione gratuita è una misura finale comportante esproprio a titolo gratuito.
Un primo limite quantitativo all’acquisizione gratuita di manufatti abusivi è individuato nella estensione dell’area acquisibile, che non può essere comunque superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.
Esempio: appartamento abusivo con superficie utile di 170 mq potrebbe essere acquisito assieme al circostante resede di 1.700 mq.
Chiaramente il resede acquisibile dovrà essere specificatamente e preventivamente individuato, quindi potrebbe rendersi necessario un frazionamento catastale per separarlo dalla restante porzione eccedente tale limite.
Si possono presentare anche casi in cui l’acquisizione gratuita possa essere evitata, ma devono emergere nelle opportune sedi elementi inequivocabili da parte del soggetto colpito dal provvedimento, onde evitare comportamenti finalizzati ad aggirare lo scopo repressivo della norma.
Per costante giurisprudenza l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera abusiva non può essere disposta nei confronti del proprietario in due casi.
Il primo caso riguarda quando il proprietario risulti inequivocabilmente estraneo all’abuso commesso, dimostrando la buona fede e le condizioni di non possibile conoscibilità della circostanza. Non può essere il caso di un immobile pervenuto da genitori, per cui l’estraneità dei fatti viene esclusa (Consiglio di Stato Sez. VI n.3795 del 28 luglio 2017).
Il secondo caso invece si ha quando il proprietario, dopo esserne venuto a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall’ordinamento (Consiglio di Stato Sez. VI n.3795 del 28 luglio 2017, C.d.S., sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 358).
In entrambe le ipotesi si tratta di circostanze di natura oggettiva che devono essere puntualmente dimostrate in sede di opposizione al provvedimento esecutivo, in quanto dovranno essere accertate tali elementi di inequivocabilità, in quanto da queste maglie potrebbero sfuggire casistiche dolose.
In queste due ipotesi non si verrebbero a mutilare tutte le misure repressive adottate, quali ordinanze di rimessa in pristino e demolizione, ma verrebbe soltanto ad essere esclusa l’azione più gravosa e ultima, cioè quella dell’acquisizione gratuita.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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