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Snaturare l’essenza costruttiva in corso d’opera attraverso elementi dimostrativi può comportare difformità totale

La totale difformità dal permesso di costruire presuppone un organismo edilizio diverso da quello legittimato

Va ricordato che l’art. 31, comma 1, d.P.R. n. 380/2001 considera opere in totale difformità dal permesso di costruire quelle in cui il mutamento della destinazione d’uso prevista in progetto venga realizzato – durante l’attività costruttiva del fabbricato – attraverso l’esecuzione di lavori che globalmente conferiscono all’organismo edilizio con diverse caratteristiche e finalità di utilizzazione.

Per legittimare queste tipo di opere è necessario ottenere un nuovo permesso di costruire da parte del Comune in variante, il cui rilascio è condizionato dall’ammissibilità della diversa destinazione alle previsioni della pianificazione e strumentazione urbanistica vigente.

Oltre che da consistenti aumenti di volumetria o altre rilevanti modificazioni della sagoma planivolumetrica dell’immobile, la costruzione in totale difformità del permesso di costruire può derivare anche dall’esecuzione di interventi all’interno di un fabbricato che determinino la modificazione di parte dell’edificio, allorché tale modificazione abbia rilevanza urbanistica.

La rilevanza urbanistica corrisponde all’effetto di poter incidere sull’assetto del territorio, aumentando il cosiddetto carico urbanistico, quali ad esempio la modificazione della destinazione d’uso rilevante di parte dell’immobile rispetto a quanto assentito con apposito provvedimento abilitativo (Cass. Pen. n. 49840/2016).

La totale difformità non presuppone necessariamente l’avvenuto completamento dell’opera

Il reato di esecuzione dei lavori in totale difformità dal permesso di costruire (ex art. 44 c.1 lett b) del DPR 380/01) non presuppone necessariamente il completamento dell’opera, ma è altresì configurabile nel corso dell’esecuzione degli interventi edilizi, quando la difformità risulti palese durante l’esecuzione dei lavori, in quanto dalle opere già compiute appare evidente la realizzazione di un organismo diverso da quello assentito, (Cass. Pen. sez. III, n. 49840/2016).

In corso d’opera, pertanto, l’accertamento del mutamento di destinazione d’uso deve essere effettuato sulla base della individuazione di elementi univocamente significativi, propri, del diverso uso cui è destinata l’opera e non coerenti con la destinazione originaria. Si tratta di un accertamento di fatto che, se oggetto di adeguata motivazione, si sottrae al sindacato in sede di legittimità.

Nel caso di accertamento di esecuzione di servizi idraulici, elettrici, fognari e impiantistici all’interno delle parti del fabbricato destinati ad uso diverso da quello assentito, sono inconfutabilmente dimostrativi della diversa destinazione in corso di realizzazione rispetto a quanto legittimato dal permesso di costruire.

L’esecuzione di impianti è sufficiente a dimostrare una diversa destinazione d’uso dell’organismo edilizio

Secondo la giurisprudenza della Cassazione, la modifica di destinazione d’uso rilevante ai fini edilizi si può quindi avere anche mediante la realizzazione di sole opere interne, quali appunto la predisposizione degli impianti tecnologici ( Cass. Pen. sez. III n. 42453/2015, Cass. Pen. sez. III, n. 49840/2016).

Il mutamento di destinazione d’uso rilevante è attualmente inquadrato da quanto disposto nel D.P.R. n. 380 del 2001, art. 23 ter (introdotto dalla legge di conversione del predetto D.L., ossia dalla L. 164/2014).

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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